A più di quattro anni di distanza dalla loro precedente uscita discografica, le Smoke Fairies hanno deciso di abbandonare per un mesetto la loro amata Londra, gotica e vittoriana, e di volare a Seattle per farsi coadiuvare da Phil Ek (Black Angels, Fleet Foxes, Shins) nella registrazione del loro nuovo disco. Per le canzoni di “Darkness Brings The Wonders Home”, Katherine Blamire e Jessica Davies avevano in mente una veste sonora ben precisa e il produttore americano le ha aiutate a concretizzarla. Lasciatesi alle spalle le infatuazioni dream-pop di “Smoke Fairies”, le inglesi attingono nuovamente alle influenze folk-blues, che avevano caratterizzato le ambientazioni calde e polverose di “Blood Speaks”, e le sporcano con massicce dosi di overdrive: la miscela che ne risulta è rocciosa, potente e carica di tensione.
Il trittico iniziale è a dir poco infuocato: l’oscura e cadenzata “On The Wing”, l’attitudine quasi garage del singolo “Elevator” e i potenti power chords che sostengono il ritornello della dirompente “Disconnect” costituiscono una bella botta di energia ad alto voltaggio.
E se le melodie delicate di “Coffee Shop Blues” e i dolci intrecci vocali di “Left To Roll” sembrerebbero riportare le inglesi alle loro tipiche atmosfere evocative, il bridge tesissimo e infiammabile di “Out Of The Woods” riaccende l’adrenalina, che non intende calare neppure in “Chocolate Rabbit”.
Prima della conclusione con la catarsi rock di “Super Tremolo”, c’è spazio anche per la melodia pop, diretta e immediata, del refrain “Don’t You Want To Spiral Out Of Control?”, un invito ad alzarsi e cominciare a ballare.
Nonostante il rinnovamento del sound, Jessica e Katherine dimostrano di non aver perso quel tocco fatato capace di ammantare di un’aura fosca e ombrosa le loro composizioni. In “Darkness Brings The Wonders Home” l’irruenza sanguigna delle chitarre e le liriche dalle forti tinte dark – talvolta addirittura orrorifiche – concorrono infatti a creare un’atmosfera densa, cupa, nera come le notti di novilunio, che pervade l’intera raccolta.
Sinora ogni disco dello Smoke Fairies si è distinto musicalmente dal precedente, ma tutti quanti sono accumunabili proprio per queste pulsioni malinconicamente nerastre che sembrano essere il filo conduttore lungo il quale si svolge la narrazione lirica delle due cantautrici. Ora, non resta che domandarci, con la speranza che non occorrano altri cinque anni per ricevere una risposta, cosa ci attenderà la prossima volta che le fatine inglesi usciranno “out of the woods”.
31/03/2020