Giunti al disco numero sei, i Fratellis confermano il loro maggior peccato veniale: non essere nel tempo mai riusciti a creare una propria identità, continuando a (soprav)vivere di luce riflessa, rifacendosi a suoni retromani, radicati negli anni 60 e 70, o meglio, ispirandosi alle migliori band coeve che si ispirano a quel mood. Ne è evidenza, ancora oggi, una traccia come “Need A Little Love”, che potrebbe essere tranquillamente scambiata per un pezzo del canzoniere dei Last Shadow Puppets, vista – fra l’altro - la prossimità vocale esistente fra John Paul Lawler (o Jon Fratelli, fate voi) e il celeberrimo Alex Turner.
In “Half Drunk Under A Full Moon” i brani ben confezionati non mancano, come quelli che, puntando tutto su sprint e pulizia del suono (“Lay Your Body Down”), consentono al trio di Glasgow di accedere con agilità all’airplay radiofonico (heavy rotation su Virgin Radio e affini). Ritmo senz’altro, ma i Fratellis provano con convinzione anche a toccare corde più emozionali, attraverso una certa ricercatezza negli arrangiamenti, come accade in corrispondenza di “Strangers In The Streets” e “Action Replay”. Ci sono poi i rockettini piacevolmente innocui, perfetti per l’ascoltatore alla ricerca di disimpegno, e allora ecco servite “Living In The Dark” e “Six Days In June”.
I Fratellis riconoscono di non essere più dei ragazzini, e ce la mettono tutta per allargare i propri orizzonti, ma, pur con la grande simpatia che proviamo per loro, tutto sommato continuiamo a preferirli nella loro versione degli esordi, quando, grazie al fortunato e scaltro blockbuster “Costello Music”, seppero arrampicarsi sino alla seconda piazza della chart inglesi. Un album che assicurò fugace notorietà a una formazione che mai è riuscita - neppur lontanamente - ad avvicinarsi alla consistenza di Arctic Monkeys, Libertines o Franz Ferdinand.
15/06/2021