La cronistoria artistica del batterista e polistrumentista di Houston, attualmente di base a New York City, lo individua al fianco di Jeff Parker, Solange, Dr Lonnie Smith, Moses Sumney, Jose James e Herbie Hancock. In queste collaborazioni è racchiusa l’evoluzione artistica di Williams, dopo un esordio targato 2016, “Effectual”, incentrato su una serie di autografi assolo di batteria, il musicista assembla una criptica miscela di soul, jazz, brividi elettronici, rap, gospel, minimalismo e art-pop, il tutto avviluppato da atmosfere spettrali e cristalline che donano una atipica spiritualità a un progetto intelligentemente originale.
L’apparentemente algido slancio emotivo di “But Only After You Have Suffered” è più simile a un graffio sottopelle: l’inquietudine domina il fluire di loop e armonie al rallentatore. Williams infetta innovative trame rap alla Madlib con malferme pulsioni jazz (“Ugly”), campiona un brano di Mike Oldfield “Talk About Your Life” per un poetico e ossessivo minimal-soul (“No One Knows”), incurante della potenza armonica di intensi e innovativi chamber-soul che lasciano decisamente il segno (”When It Gets Dark”).
Spazio e rilievo è dato alle voci, a cominciare da quella rovente e spirituale di Lisa E. Harris, che si libra con suggestivi toni lirici (“Hands Up”) e interessanti sinergie tra il theremin e un cantato quasi operistico (la struggente bellezza di “Pause In His Presence”). Alla voce di Corey King spetta invece il compito di far sanguinare le pagine più soul (“Bow”) e psichedeliche (“For The Youth”).
Altrove Williams dispone colori e sfumature, lasciando all’artista di turno spazio per approfondimenti di stile, senza mai perdere il controllo di un collage di musica corporea e ascetica che non ha eguali nel panorama odierno.
Averne scoperto le grazie sul finire dell’anno - l’album è stato pubblicato ai primi di dicembre - ha tenuto ingiustamente “But Only After You Have Suffered” fuori dai consuntivi di fine anno. Per fortuna l’opera di Jamire Williams è di quelle destinate a durare più dell’arco di un anno. Un disco che apre nuove frontiere con una profondità artistica impressionante.
(28/02/2022)