Registrato ai Denton Studios di Joey McClennan dei Midlake con l’aiuto del produttore e ingegnere del suono Ted Young (Kurt Vile, Sonic Youth, Lee Ranaldo, Israel Nash), “Hardcore From The Heart” evolve definitivamente le nuance più country e folk dell’autrice verso un vibrante dream-folk-rock che sposa la narcolessia degli Slowdive con la natura letteraria e cinematografica dell’immaginario psych-folk dei Mazzy Star.
A seguirne le romantiche e burrascose stratificazioni musicali sono Joey McClellan (chitarra), Aaron McClellan (basso), McKenzie Smith (batteria), Jesse Chandler (tastiere), Eric Swanson (pedal steel ) e il fratello della cantautrice, Toni Serrat.
Nel suo quinto album, Joana Serrat volge uno sguardo all’America e ai suoi miti con un sapiente piglio culturale. Non è un caso che l’autrice abbia estrapolato il titolo dell’album da un libro dell'ex-attrice pornografica, e ora importante attivista femminista, Annie Sprinkle. La prima traccia, ”Easy”, mette subito in chiaro il possente linguaggio sonoro tra stratificazioni chitarristiche alla Cocteau Twins, un mood alla Phil Spector e una vivacità armonica ormai desueta, che in sincrono sorreggono un crescendo emotivo aspro e romantico.
Le canzoni sono intense e sensuali dichiarazioni d’autonomia intellettuale al femminile, sono confessioni ricche di malinconia e rassegnazione che graffiano dolcemente il muro del suono costruito dalla batteria e dall’organo nella passionale “You're With Me Everywhere I Go”, o interrogativi millenari ai quali nessuno è riuscito ancora a dare una risposta (“How To Make You Love Me”) e che Joana adorna con struggenti gemiti e con sonorità in bilico tra “Wicked Game” di Chris Isaak e “Falling” di Julee Cruise.
L’empatico sentimentalismo di “Demons” e il ritornello pop di “Pictures” svelano la natura più intima di “Hardcore From The Heart”. C'è un’urgenza comunicativa, nel nuovo disco di Joana Serrat, che alla fine mette in luce più contraddizioni che certezze. Nonostante tutto, brani come “Take Me Back Where I Belong” arrivano direttamente al cuore, al pari di una vecchia canzone di Sinead O’Connor o Tanita Tikaram.
“Hardcore From The Heart” è un disco che flirta pericolosamente con l’easy listening (“These Roads”) e che sprigiona tutta la propria forza poetica quando l’enfasi strumentale si quieta (“Summer Never Ends”, “Wild Beast”), fermo restando che le pagine più convincenti restano le intense sintesi tra country e dream-folk lambite da un flebile tocco shoegaze (“Hotel Room 609”).
Questa audacia espressiva, mista alla trasognante fragilità lirica delle composizioni, è alfine una sorprendente fonte di emozioni a volte contrastanti. Il nuovo album di Joana Serrat non è sicuramente consigliabile agli ascoltatori dal palato troppo esigente, ma per chi apprezza la musica pop più matura e appassionata potrebbe rivelarsi un fulmine a ciel sereno.
(22/06/2021)