Sei anni dopo l’ultimo album “Sea Of Clouds”, il mondo di Karl Larsson è immacolato, immobile. I delicati bozzetti folk-pop, imbrattati da turbolenze indie alla Arcade Fire e residui alt-country, sembrano non aver perso né smalto né freschezza.
Con “Even The Good Days Are Bad” il musicista svedese ripristina tecniche e strumentazioni digitali, nonché la sezione ritmica - scelte creative abbandonate senza successo per il precedente album - e rimette in moto il caratteristico tremulo guitar-pop.
Otto tracce per un’altra estatica raccolta, baciata da un’ispirazione ancora genuina, seppur non particolarmente originale, emotivamente sufficienti per ristabilire l’interesse dei fan, grazie a una vena pop-shoegaze che sottolinea con gusto le vivaci e scontrose melodie dei Last Days Of April.
La predilezione per le melodie uptempo e il ricco mix degli arrangiamenti, che passano da enfasi rock-orchestrali (la title track) a lievi passaggi noise-pop, tengono alta la tensione emotiva. Anche quando aumentano fibrillazioni e distorsioni, le canzoni restano ancorate a un fraseggio melodico amabile (“Turbulence”, “Alone”).
Le pulsioni pop sono ben calibrate, grazie a un vitale apporto delle chitarre che spesso evoca i Fleetwood Mac, tra ballate folk-pop ricche di dinamica (“Run Run Run”) e un accenno di romanticismo che caratterizza la traccia più bella del disco, ovvero l’ipnotica e sensuale “Downer”.
“Even The Good Days Are Bad” è un disco solido e a tratti avvincente, un progetto che paga però lo scotto di una scrittura non molto originale, sufficiente a rincuorare i fan del musicista svedese, ma non del tutto soddisfacente per poter ambire a un ruolo di particolare rilievo nello scenario pop-rock contemporaneo.
05/08/2021