Cos’è la realtà? Un insieme di pensieri, percezioni, convinzioni, che ogni essere umano individua come tangibili, rilevanti. Siamo dunque noi a crearla e a disporne secondo le nostre necessità e certezze. Tutto quello che ci appare come irreale, fuori dallo schema è una distorsione, una visione, un’astrazione. E se non fosse questa la verità?
“Life And Another”, ovvero “la vita e un’altra”, è una frase che racchiude le misteriose, enigmatiche, sconcertanti divagazioni musicali di Erin Elisabeth Birgy, in arte Mega Bog. Un ermetico diario di sentimenti ancestrali e antropici sulla vita e sulla morte, fantastico e paradossale come un test psichiatrico privo di risposte e dunque di certezze.
Avevamo lasciato Erin Birgy e il progetto Mega Bog in uno scenario alt-pop e chamber-folk maturo e cosciente, introverso e imprevedibile, eppur fruibile, tenero. “Life And Another” sradica quelle poche convinzioni che erano maturate nel quinto album dell’artista americana, trascinando l’ascoltatore nelle profondità della psiche umana, alterando la percezione e l’esegesi della realtà circostante.
Tortuose, sgrammaticate, ambigue, queste nuove quattordici canzoni fanno a pugni con le strutture armoniche e le geometrie del pop, con un intelligente depistaggio stilistico, che prende in prestito la saudade della tropicalia per il brano d’apertura “Flower”, o il glam-rock per addomesticare l’improbabile swing psichedelico di “Crumb Back”.
Nulla è come sembra, nel nuovo disco di Mega Bog: lo spirito free che agita la title track non è un vago tentativo di sperimentare contaminazioni jazz, ma solo una ulteriore digressione che svela cosa si nasconde sotto la superficie di una pop-song poco convenzionale. Allo stesso modo il tripudio ritmico a metà strada tra i Tom Tom Club e i Talking Heads di “Weight Of The Earth, On Paper“ è solo un flebile sostegno per una delle melodie più aleatorie e incerte del disco.
Lecito il sospetto che tutto l’album non sia altro che un inganno, dopotutto la vita stessa è un inganno, è quell’altra vita che possiamo solo immaginare senza mai sperimentarne la bellezza. Ed è questa rivelazione concettuale che altera la possanza del ritmo e del funk trasformandola in una gelida e greve litania (“Station To Station”), o che scardina il groove di piano, basso e batteria di “Buttefly”, infettando le piacevoli e caliginose trame strumentali con uno dei testi più crudi e bruschi dell’intero progetto.
Ci vuole tempo e dedizione per entrare nel mondo di “Life And Another”. A catalizzare comunque l’attenzione ci pensano le ondeggianti sonorità chitarristiche di “Adorable”, e l’inquietudine sentimentale che anima la canzone più empatica e nello stesso tempo più cupa del disco: “Maybe You Died”. I testi non sfuggono alla frammentazione creativa messa in atto da Erin Birgy: immagini sfuggenti si alternano a incisive e graffianti frasi incomplete, in bilico tra misticismo e candore.
L’album è frutto di una distorsione temporale in cui si incontrano Kevin Ayers, gli Squeeze, Cate Le Bon e Joni Mitchell era-“Mingus”, ma è alfine la forte personalità di Erin Birgy l’elemento prevalente di “Life And Another”, al punto che anche la presenza di James Krivchenia dei Big Thief, come musicista e co-produttore, non sembra incidere più di tanto sul risultato finale, rivelandosi congeniale tutt’al più alle sfumature e ai chiaroscuri delle già imprevedibili canzoni.
Un persistente senso di meraviglia accompagna l’ascolto del disco: la narrazione art-pop di “Beagle In The Cloud”, le raffinate trame strumentali di “Darmok”, un’oasi in stile ambient-Eno, il labirinto di distorsioni folk-rock di “Adorable”, i graffi noise che rubano la gravità del suono all’insolito pop-metal di “Bull Of Heaven” sono solo alcuni esempi dell’incessante trasversalità delle quattordici tracce.
Non ci sono regole da rispettarre in “Life And Another”: note aspre e dolenti turbano la soavità evanescente in chiave folk-psych alla Stereolab di “Obsidian Lizard”, e sono vere e proprie mutilazioni quelle che scompigliano le nuance chamber-pop di “Before A Black Tea”.
Il gioco diventa ancor più straniante nell’ ingegnosa traccia finale “Amelon”, una canzone apparentemente rigorosa, modellata con classe e ingegno su un ipnotico groove pinkfloydiano, spostando ulteriormente la visuale creativa di uno degli album più affascinanti e insoliti degli ultimi tempi.
Una decisa conferma per Mega Bog, un concentrato di audacia e spessore artistico che differenzia “Life And Another” da gran parte della produzione coeva.
13/08/2021