Portico Quartet

Monument

2021 (Gondwana Records)
nu jazz

I quesiti fondamentali della vita: chi siamo? Da dove veniamo? Chissà in quale punto del suo ciclo vitale si trova il nu jazz in questo momento? Di certo la fase dell'inflazione l'ha già bella che passata. È forse nella fase del perfezionamento formale, dove le energie propulsive iniziali trovano stabilità ed equilibrio all'interno di stilemi che vanno cristallizzandosi? O magari è già abbondantemente in quella dove i contorni si fanno più sfumati e i linguaggi cominciano a mescolarsi tra loro decretando il loro superamento? Forse nessuno può saperlo. O forse basterebbe seguire il percorso dei Portico Quartet per avere un'idea della situazione generale. Alfieri di Gondwana Records, di fatto iniziatori di questo linguaggio ibrido di elettronica, chamber jazz e minimalismo, i Portico hanno cambiato formazioni, attitudine, e persino nome, tornando sempre al punto di partenza - ma comunque profondamente cambiati, quasi a incarnare il concetto duale di ripetizione e rinnovamento, caratteristico del minimalismo a loro caro.

Nato per divisione meiotica dal precedente lavoro "Terrain", "Monument" si inserisce nel solco tracciato da Art in the Age of Automation (e seguito), un solco che attraversa i territori sonori di Radiohead, Cinematic Orchestra, Aphex Twin e Terry Riley e che raggiunge con questa ultima uscita finalmente la sua massima espressività melodica. La caratteristica che suona subito palese è infatti l'immediatezza, dovuta certamente a una consapevolezza compositiva giunta al suo apice. Per citare Jack Wyllie, sassofonista del gruppo, "non c'è molta ricerca o spreco all'interno della musica stessa, sono tutte idee finalizzate, scolpite con precisione e presentate come un artefatto raffinato". È la descrizione migliore che si potrebbe dare di brani come "Ultraviolet" o "Warm Data", costruiti sulla sovrapposizione di strati armonici e sul carsismo di frasi melodiche che emergono e scompaiono, si affiancano, talvolta si intrecciano al pianoforte o a cori di voci eteree.
"Impressions" invece è il risultato estasiante dell'incastro di groove hebdeniani, che potrebbero ripetersi tranquillamente in eterno, con il pulsare ritmico dall'hang, strumento in grado di evocare un'atmosfera intrisa di una dolce malinconia. Un'unione fra la lezione minimalista di Steve Reich e le struggenti atmosfere di Wim Mertens. Atmosfera che si fa invece enigmatica ed evanescente in brani di transizione come "Portal" e "Gateway", tutti riverberi di hang e sintetizzatori a creare un contorno perfetto per sogni celestiali (o più prosaicamente per un documentario di Rai Storia).

Sulle increspature ritmiche di "On The Light" si chiude infine il discorso di "Monument", ma sarà davvero così? Coi Portico Quartet non si può mai dire. Ogni album sembra proiettare la sua ombra sul successivo, che a sua volta ne riporta i tratti, sviluppandoli verso direzioni del tutto inedite. Dunque, non ci resta che aspettare che nuovi musicisti ancora si avventurino per le strade già battute dai Portico, o che i Portico conducano ancora una volta il nu jazz verso nuove coordinate. Ma intanto godiamoci pure il presente, che è un gran bel sentire.

13/01/2022

Tracklist

  1. Opening
  2. Impressions
  3. Ultraviolet
  4. Ever Present
  5. Gateway
  6. Monument
  7. A.O.E.
  8. Warm Data
  9. Portal
  10. On The Light

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