A dieci anni di distanza dall’ultimo album “Songs For The Last Werewolf” cala definitivamente il sipario sui Real Tuesday Weld, formazione inglese dall’atipico e swingante stile, a metà strada tra chamber-pop e dark-cabaret dai toni surreali e quasi fumettistici.
Dopo dieci album, vari Ep sotto forma di cartoline natalizie, colonne sonore per film e opere teatrali reali e immaginarie, creazioni extra-musicali affidate alla grande famiglia di Antique Beat, e l’interessante progetto X-Ray cut bone-music, Stephen Coates affida a tre album distinti la conclusione dell’avventura dell’eccentrica formazione inglese.
Il primo capitolo pubblicato mette subito i puntini sulle i, ribadendo l’estetica e la poetica noir della band, la stessa che ispirò “Oedipus Schmeopdius” di Barry Adamson, album che Coates considera un capolavoro assoluto e sottovalutato. Ed è proprio dal tipico groove notturno, brioso e oscuro che nascono le pulsioni delle prime due tracce di “Blood”: il sensuale soul di “Blood Knuckled And Dusted” e lo space-funk in chiave lounge di “Too Much Too Soon”.
A tanta grazia messa in campo nei primi dieci minuti i Real Tuesday Weld danno seguito con un piccolo colpo di genio, una versione in stile electro-cabaret di “Poker Face” di Lady Gaga, brano già apparso in uno dei tanti Ep natalizi della band.
Il vivace trittico iniziale è croce e delizia di “Blood”, il resto del disco non raggiunge purtroppo, tranne nel finale, la stessa fantasiosa verve swing-noir. La natura lo-fi di molte tracce a volte stempera la natura irriverente ed eccentrica di Coates e compagni. Non mancano, però, episodi interessanti, come la sensuale “Promises Promises”, graziata dalla presenza di Stephanie Llo, mentre la raffinata malinconia di “The Floating Man” mette insieme Leonard Cohen, Momus e Tom Waits, anticipando l’altra piccola perla del disco, ovvero “Killers” uno strumentale in stile swing-noir disturbato da voci spettrali e intuizioni armoniche degne di Michael Legrand e Burt Bacharach, brano a cui spetta il compito di chiudere il primo atto della trilogia.
A margine va ricordata la presenza di una cassetta in edizione limitata, disponibile per pochi fortunati, intitolata “Tape Dust Memories” che asseconda ulteriormente la passione per il cinema e le colonne sonore da parte di Stephen Coates, tra citazioni di Ennio Morricone (“A Voice Out Over The Ocean”), Mikael Tariverdiev (“Miles”) e un inaspettato furore elettronico alla Radiohead (“Tin Shack Motel”), che in parte anticipa le vestigia folktroniche del secondo capitolo annunciato dalla band e in fase di completamento per la pubblicazione ufficiale.
Nel frattempo “Blood” conferma le peculiarità della band senza rinnovare in pieno i fasti passati. Nonostante tutto, il trittico di commiato dei Real Tuesday Weld si annuncia intrigante, la band di Coates è una delle tante formazioni indipendenti che hanno conservato un’integrità artistica e concettuale incuranti delle esigenze del mercato, autentici visionari innamorati della grazia e della consistenza armonica, la cui opera rischia di essere fagocitata dall’oblio creato dal consumo virtuale e impersonale dettato dallo streaming. Non è un caso che i Real Tuesday Weld abbiano progettato insoliti packaging per consegnare al loro affezionato seguito oggetti che ne confermino la profondità e la cura - in questo caso una cassetta in una busta con un liquido rosso-sangue e un vinile maculato rosso e nero - ulteriori dettagli di un progetto che merita attenzione.
24/08/2021