Nella vasta dimensione temporale e creativa di Richard Youngs è facile perdersi, altresì è difficile non riconoscere la personalità del musicista, questa volta alle prese con un'impulsiva raccolta di miniature folk-pop intinte in un'elettronica dal gusto dolceamaro e dolente.
"Holograph" nasce in un mattino dai toni uggiosi, una sfida creativa che mette sullo stesso piano improvvisazione e casualità, una promessa al manager dell'etichetta Glass Modern, che il musicista scozzese soddisfa con alterazioni armoniche dal substrato folk-acoustic e input sperimentali che per Youngs sono ormai pane quotidiano.
Un registratore a bobina a quattro tracce, impulsi ritmici scarni e ostinati, melodie tremolanti e incerte, ed ecco un'altra piccola perla da aggiungere alla sempre più lunga collana di estemporanee alt-folk e sperimentali dell'artista.
Le creazioni sono a volte indefinite ("Never Ready"), scostanti ("Block Capital Notion") e almeno in un paio di casi brillanti, soprattutto quando Youngs modella, con un sapiente copia e incolla di parole, metafore, ritmi e ardori vocali, un'insolente rumba sintetica ("Quickened Second Chance") e una altrettanto sbilenca ballata acustica dai toni malinconici, tenuta in vita da un motorik sciatto ("My Head In The Hands Of Senses").
Singolare e volutamente incoerente, "Holograph" non è un disco organico e impressionante come altre opere del musicista scozzese, ma mette ancora una volta l'accento su un talento unico cui a volte manca il dono dell'estrema sintesi.
30/05/2021