Venticinque anni di carriera incominciati suonando rock e country all’ombra dei pini di un cimitero, un mix di bluegrass, country, rockabilly e cajun, eseguito con la furia di un gruppo punk e la grinta di una roots-band, i Pine Hill Haints sono uno dei tesori nascosti della scena musicale americana. Capitanata da Jamie Barrier, la formazione dell’Alabama ha conservato un assetto stabile, e con il nuovo disco “The Song Companion Of A Lonestar Cowboy” esce fuori dalla zona grigia della musica indipendente, per un contratto con la prestigiosa e intraprendente Single Lock (tra gli altri Cedric Burnside, Donnie Fritts e Nicole Atkins).
Sotto l’ala protettrice del produttore Ben Tanner (Alabama Shakes), Jamie Barrier, Katie Barrier, Stevie LeBlanc, Brian Bordan e Justin Ward danno libero sfogo alla mai sopita passione per il lato oscuro della musica americana (non a caso hanno definito il proprio stile come Alabama-ghost-country-music), conciliando l’energia degli esordi, e la maturità conseguita dopo anni e anni passati a recuperare sonorità fuori dal circuito mainstream, con un’irruenza che a tratti ricorda i Blasters o i Violent Femmes.
Non c’è nessun calo di tensione nelle quindici tracce di “The Song Companion Of A Lonestar Cowboy”: la personalità della band fa da collante tra l’ottima versione di “Pretty Thing” di Bo Diddley e il noto traditional “Catfish Blues”, quest’ultimo eseguito con l’aspra bellezza di Muddy Waters e un graffio chitarristico alla John Lee Hooker.
Al resto ci pensa la sapiente scrittura di Jamie Barrier, che mette in fila una sequenza di eccellenti canzoni: un brioso rockabilly (“Fall Asleep”), una protest-song a ritmo di cajun (“Fighting For The Wrong Side”), un paio di genuine e primigenie pulsioni rock’n’roll (“Midnight Mayor”, “Louise”), inarrestabili dance-song dalle matrici Irish (“Back To Alabama”), nonché un’unica ma intensa pausa sentimentale alla Johnny Cash (“Stare At The Fire”).
Contagioso e inarrestabile, il nuovo album dei Pine Hill Haints è un'autentica sferzata d’energia. Trasgressivo e imprevedibile (“Satchel Paige Blues”), intelligentemente radicato nella tradizione (“Lone Start Kid” e il brioso remake di “John Henry”), naturalmente unto e sudicio (“Downtown Blues”), mai nostalgico, nonostante la materia base sia quanto di più tradizionale e malinconico possa offrire la cultura americana (“Tithy Dunbar”).
“The Song Companion Of A Lonestar Cowboy” è un disco da gustare e ascoltare tutto d’un fiato, un’oasi di sana e malsana musica roots, messa in campo con strumenti non solo tradizionali (fisarmonica, trombone, mandolino e banjo), ma anche curiosamente ricavati da oggetti di uso quotidiano (una sega, un lavatoio e il geniale washtub bass).
Per i Pine Hill Haints è venuto il momento di raccogliere i frutti di una lunga carriera, contraddistinta da una coerenza intellettuale encomiabile. Una band che è riuscita a restituire alla musica tradizionale americana un po’ di quell’anarchia creativa altrove smarrita e colpevolmente addomesticata alle logiche del mainstream.
15/07/2021