Prolifici ma non basilari nella loro produzione, scanzonati e talvolta profondi ma non incisivi per rimanere nella storia. Un "vorrei ma non posso", quello dei Times, gruppo nato da una costola dei Television Personalities, per volere di quell'Ed Ball che non poteva più convivere con il mastermind Dan Treacy dopo "They Could Have Been Bigger Than The Beatles".
Riprendendo le radici da mod londinese, Ball tira su The Times come progetto parallelo a cui si dedicherà a tempo pieno e con notevole sforzo creativo negli anni 80, puntando sulla Artpop! Records nata con George Michael.
Proprio i dischi dal 1982 al 1986 sono stati rimessi insieme per la Cherry Red Records, aggiungendo tutte le chicche da estimatori del genere: versioni alternative di singoli, live, tracce escluse e qualche live. La band è ricca di idee, ma segue in larga parte il corso delle mode dell'epoca. Quando è in ritardo, è spudoratamente derivativa. Quando è al passo coi tempi, suona più godibile, sommando anche la maturità compositiva e la palette più ampia di soluzioni a disposizioni per costruire la perfetta canzone pop.
I Joy Division avevano già pubblicato "Closer" e i New Order avrebbero tirato una riga su quell'esperienza di lì a poco. Sul fronte post-punk con chitarre gli Xtc erano già al quarto lavoro con "Black Sea" e si stavano allontanando dalla formula. Insomma, il rischio di arrivare a festa già finita c'era ed era concretissimo.
Qualcosa cambia con "This is London", dedicato interamente ai simboli della capitale britannica. "This Green And Pleasant Land" suona danzereccia come i PIL ma meno acidi.
Dal Regno Unito all'Europa con "Hello Europe", anno di grazia 1984. La svolta sintetica è accentuatissima, studiata, voluta e riuscita: "Radiate" (con più di una somiglianza con "Shattered Dreams" di Johnny Hates Jazz di quattro anni prima), "Victory Drums", la malinconica "Tears On A Rainy Sunday". Gli episodi più riusciti sono qui, lontani dalla retorica mod e operaia dei primi dischi (dopo i Clash, cosa vuoi raccontare agli inglesi?). Con minor tempo degli Sparks i Times cambiano genere e si trovano a loro agio.
"Up Against It", screenplay costruito per la sceneggiatura di Joe Orton sull'incompiuto dedicato ai Beatles, centra l'obiettivo frullando tutte le esperienze passate, nel modo migliore, picchiando ancora troppo sull'orgoglio British, ma riassumendo tante influenze dai Fab Four in poi. Numerosi anche i riferimenti agli Who, a David Bowie (omaggiato-scimmiottato nel pezzo "David Jones").
La doppia uscita nel 1986 fa dei Times un po' dei Madness minori, quelli del periodo "Rise & Fall" (sottovalutato episodio poliedrico). L'ultimo disco della raccolta, "Enjoy", tenta il tutto per tutto, ripescando le radici punk ma anche andando sull'hardcore con la batteria elettronica pestona. Uno smarrimento che nasce forse anche dalla mancanza di stimoli. Da lì a poco il gruppo si sarebbe sciolto per poi tornare in pista due anni dopo.
Facendo un paragone forse azzardato, Edward Ball si diverte a fare "il punk prima di te" come un Enrico Ruggeri inglese, ma con un songwriting non spesso all'altezza. Nonostante sulla carta d'identità la band reciti punk, quando Ball abbandona l'aspetto duro e puro, tira fuori anche dei pezzi all'altezza. Non tutti possiamo nascere Joe Strummer, se alla prova dei fatti nelle nostre vene scorre il sangue di Billy Idol.
28/11/2021
Disco 1
Go! With The Times
Bonus Tracks
Disco 2
Pop Goes Art!
Bonus tracks
Disco 3
This Is London
Bonus tracks
Disco 4
Hello Europe
Bonus tracks
Disco 5
Up Againts It (Screenplay For The Beatles)
Bonus Tracks
Disco 6
Enjoy
Bonus Tracks