Far convivere l’arte del fingerpicking e della tradizione folk con strati di elettronica, ambient e musica sperimentale non è impresa facile.
Andrew Tuttle ha già ampiamente dimostrato di saper padroneggiare una materia tanto affascinante quanto rischiosa, conquistandosi uno spazio autorevole all’interno sia dell’ambient music contemporanea che del new folk con l’album del 2020 “Alexandra”.
Il quinto album del musicista australiano, “Fleeting Adventure”, è un ulteriore passo avanti, un disco che fa della collaborazione e dell’interazione l’arma vincente per evitare il passo greve della routine, nonché i continui richiami a illustri predecessori (in particolar modo, Bert Jansch e James Blackshaw).
Tuttle mette in campo tutti i colori e le sfumature possibili del suono del banjo, collocando lo strumento in un immaginario non solo folk e bluegrass, ma onirico, meditativo e melodicamente intenso, al punto da valicare i confini di genere e impadronirsi della magia dei Popul Vuh e della cosmic music.
Che “Fleeting Adventure” sia un progetto ambizioso è evidente già nel primo dei sette brani dell’album: misticismo e magia tratteggiano le variopinte interazioni tra banjo e synth di “Overnight's A Weekend”, le raffinatezze elettroniche di Michael A. Muller dei Balmorhea, l’impeto armonico del violino di Aurélie Ferrière, il singolare tocco chitarristico di Steve Gunn e il discreto supporto del sassofono di Joe Saxby dipingono un paesaggio sonoro in bilico tra armonia e dissonanza.
Questa lieve distonia non abbandona quasi mai il progetto di Tuttle: anche quando abbraccia con più convinzione la tradizione folk, un fosco background timbrico altera l’ambiente (“Next Week, Pending”).
La produzione di Chuck Johnson rifinisce i contorni e attenua quei lampi di luce che rinverdiscono gli scenari sonori più articolati e cerebrali, conciliando astrattezza e chiaroscuri a suon di steel guitar (“Correlation”), quella stessa pedal steel che nella mani di Luke Schneider suona morbida e solare (“New Breakfast Habit”).
A voler racchiudere “Fleeting Adventure” nella categoria neofolk si rischia di alterarne il fascino. Il flebile tremolio di chitarra ed elettronica di “Freeway Flex”, e la disinvoltura con la quale il piano introduce la pagina più orchestrale e neoclassicheggiante dell’album, “Filtering”, confermano l’intensa forza metafisica della musica di Tuttle.
Ci sono molte assonanze con un altro chitarrista dalle origini australiane e del quale abbiamo spesso parlato su OndaRock, Brian Campeau, con il quale Tuttle condivide quel pizzico d’azzardo e di visionarietà che dalla natura prende spunto e alla natura ritorna - si ascolti con attenzione il finale in completa autonomia di “There's Always A Crow“ - in virtù di quella ricerca della perfetta armonia che mai come in questo caso è a un tiro di schioppo.
07/08/2022