Lo sguardo rivolto al passato della musica rock sta svelando al pubblico opere sottovalutate o perfino inedite, ma il recupero non è rivolto solo agli anni 60 e 70 ma anche a pagine recenti, come l’esordio dei Cheval De Frise, riportato alla luce dall’etichetta Computer Students.
Formatosi nel 1998 a Bordeaux, il duo nasce dall’incontro tra il batterista Vincent Beysselance e il chitarrista Thomas Bonvalet, un connubio che durerà fino al 2005, sciolto dopo solo due album, e con Bonvalet pronto ad avventurarsi in una carriera da solista sotto il nome di L’Ocelle Mare.
Primo elemento di suggestione e interesse, per chi non ne conosce ancora le gesta, è l’impetuoso intreccio tra la potenza melodica della chitarra classica e la furia del noise-rock e dell’hardcore punk. Ma la forza di “Cheval De Frise” non si può racchiudere solo in questa atipica formula math-rock.
E’ l’abilità del duo nell’elaborare melodie complesse, articolate eppur fortemente liriche, il primo elemento di distinzione dell’album, ed è invece l’enorme qualità tecnica del chitarrista Thomas Bonvalet il vero punto nodale del sound del duo.
Sorprende la frenetica e veloce sequenza di accordi che i due musicisti dispensano in tutto l’album, ancor di più affascina la potenza evocativa dei brani, che catturano ombre e luci di musicisti come David Grubbs, John Fahey, Derek Bailey e Robert Fripp.
Su tutte le tracce si erge la lunga e tracimante cavalcata sonora di “Connexion Monstrueuse Entre Un Objet Et Son Image”, dove il duo in soli sei minuti esibisce arpeggi degni di Segovia, graffi noise e post-rock, alterazioni timbriche in chiave jazz, divagazioni hard-prog alla King Crimson di “Red”, e perfino scudisciate chitarristiche in stile punk-bluegrass.
Opera musicalmente impressionante e ancora piacevolmente rigogliosa, l’esordio dei Cheval De Frise viene riproposto dall’etichetta americana in una lussuosa edizione in vinile sigillata in una busta d’alluminio, cornice preziosa per un disco altrettanto unico.
I rigogliosi riff chitarristi e il mood post-hardcore di “Constructions D'écorces D'arbres”, le molteplici sfaccettature di brani come “Lundi Deux Mars”, le continue dissonanze tra chitarra acustica e batteria della raffinata “Un Pont Et Des Eaux Noires Limoneuses” sono un campionario abbastanza valido per consigliare questo disco a un pubblico eterogeneo e intellettualmente curioso.
Non c’è brano che non offra spunti creativi, spesso resi ancor più interessanti dalla frenetica tensione strumentale che insegue strutture ricche di arpeggi e accordi ma povera di slanci melodici, è come se i Cheval De Frise tenessero a bada la potenza delle loro creazioni per renderle rimarchevoli, fresche ed essenziali (“Les Canaux Sont Ouverts, Les Moustiques Meurent, Le Monstre Disparait”).
Un vecchio slogan recitava “la potenza non è nulla senza controllo”, una frase che calza a pennello per questo prezioso recupero discografico, un disco che non avrete difficoltà a catalogare al fianco di band come Don Caballero o Gastr Del Sol, paragoni resi ancor più vividi dallo splendido trittico finale: "Douche Froide, Harmonium", "Le Vestibule Des Lâches", "Noblesse De L'échec (2)".
(14/01/2023)