L'energia, l'emozione e la sintonia provati dopo ben dieci anni di stop, causato peraltro da un così triste evento, portarono con loro grande ispirazione. Tanta da convincere la band a intraprendere una nuova vita anche discografica, che inizia ora con questo "Chimes At Midnight".
Stilisticamente i norvegesi sono quelli di sempre: il blues e il country che si ammantano di alternative rock notturno, il cinismo e il fatalismo che scorrazzano a braccetto con un romanticismo inestinguibile.
In particolare nella prima parte del disco, per qualità e cifra stilistica i "nuovi" Madrugada odorano di classico e ricordano i primi due incredibili dischi. Con la voce baritonale, calda e disperata di Sivert Høyem che giganteggia tra gli arrangiamenti melodrammatici di "Nobody Loves You Like I Do", le roventi chitarre blues di "Running From The Love Of Your Life" e abita con dimestichezza scenari à-la "The Good Son" in "Help Yourself To Me".
"Stabat Mater" è l'episodio più architettonicamente imponente del disco, con i suoi decisi e repentini cambi di tono e con sfarzosi arrangiamenti da western barocco. Dopo di esso, "Chimes At Midnight" perde qualcosa in termini di intensità, pur facendosi ascoltare con piacere e donando numerose ulteriori suggestioni. Difficile, infatti, non farsi trascinare dal ritornello gustosamente pop di "You Promised To Wait For Me", non cedere ai languori romantici di "Call My Name" o non lasciarsi ipnotizzare dal minimalismo sofisticato di una "The World Could Be Falling Down", che ammicca ai Tindersticks.
Sforbiciando le pur non trascurabili "Empire Blues" (un brano velenoso, ma in maniera piuttosto prevedibile) e il finale intitolato "Ecstasy", l'album ne avrebbe giovato in fruibilità e non avrebbe lambito l'ora di durata. Ma l'impressione è quella di una band che, ritrovatasi in sintonia, si sia giustamente lasciata andare al calore del riscoprirsi, all'ispirazione e all'elaborazione di un passato recente oltremodo doloroso. Per sintesi e precisione ci sarà tempo, si spera presto.
(17/03/2022)