Sono tanti i motivi per i quali ancora ci ostiniamo a parlare di musica o a recensire un disco e poi un altro, una serie di parole al vento che spesso non trovano muro sul quale fermarsi. Per onor di cronaca, sono inciampato per caso nell’ascolto di “Miller Time”, sulla scia del piacevole ritorno dei canadesi Burning Hell con l’album “Garbage Island”, ho curiosato tra la discografia del gruppo, scoprendo che Mathias Kom (leader della band) e Toby Goodshank – ricordate i Moldy Peaches? – hanno pubblicato un disco dedicato all’estroso autore country Roger Miller.
“Miller Time” è un album che può essere istantaneamente catalogato come prescindibile - un disco di cover è già di per sé futile e superfluo - ancor più se dedicato a un artista minore, ancor di più se parte di una categoria non sempre apprezzata dai fan del rock, come la musica country.
Perché allora parlarne? Perché “Miller Time” è un disco delizioso, ingegnoso e divertente come un cartone animato. Un set di canzoni che se portasse la firma di Jonathan Richman, Van Dyke Parks o di un qualsiasi altro freak-singer, riscuoterebbe molti apprezzamenti e recensioni.
A voler citare ulteriori riferimenti storici, “Miller Time” rimanda a Jim Kweskin o a Jona Lewie: un divertente mix di skiffle songs (“Walkin' In The Sunshine”), canzoncine disneyane (“Oo-De-Lally”, “Not In Nottingham”), sghembe ballate country con tanto di kazoo (“Dang Me”) o ukulele (“My Uncle Used To Love Me But She Died”), folk-pop perfetti per un album dei They Might Be Giants (“Tom Green County Fair”, “You Can't Roller Skate In A Buffalo Herd”) e curiose digressioni (il coro quasi mistico di “Fair Swiss Maiden” ).
E’ ovviamente presente anche la più famosa delle canzoni di Roger Miller, riproposta in tutto il suo splendore sing-along, “King Of The Road”, alla quale fanno buona compagnia tipiche country song da saloon (“When Two Worlds Collide” con tanto di assolo di tuba) e scanzonate filastrocche (“Dad Blame Anything A Man Can't Quit”), il tutto eseguito con una leggerezza e un disincanto che affascinano e invitano a un piacevole repeat automatico.
Non so quanti di voi sono arrivati fino in fondo a questa recensione, dubito che qualcuno si prenderà perfino la briga di ascoltare questo disco, ma poi non ditemi che non vi avevo avvertito, “Miller Time” è uno dei più strani e insoliti album dell’anno.
Enjoy It.
12/02/2023