Sono lontani i tempi in cui un adolescente Andrea Belfi entrava nel mondo della musica dal varco del punk-rock e dell’hardcore. L’evoluzione del talentuoso compositore veronese, da anni ormai stanziatosi a Berlino, ha però conservato intatto quello spirito rivoluzionario e di libertà che ha contraddistinto un filone artistico ancora oggi vivo e vegeto, seppur profondamente mutato.
Le numerosissime collaborazioni che nel corso degli anni hanno visto Belfi protagonista di sofisticati studi che hanno coinvolto, tra gli altri, Thom Yorke, Nils Frahm, Jóhann Jóhannsson, Mike Watt, hanno favorito la trasformazione di quel frenetico batterista degli esordi in un compositore di musica sperimentale a tutto tondo, d’indiscussa nomea internazionale e in grado di creare atmosfere di forte impatto, soprattutto in occasione delle esibizioni dal vivo.
“Eternally Frozen” è il suo nuovo progetto, strutturato su una sequenza scandita in cinque episodi dove ottoni, percussioni e sintetizzatore sono i protagonisti di una scena totalmente strumentale e cangiante, posta in quel limbo collocato tra il tangibile e il rarefatto.
Come accennato dallo stesso artista in alcune note d’accompagnamento, l’opera s’ispira all’immagine del cosiddetto Deprong Mori, un mitologico pipistrello sudamericano che sembra abbia l’abilità di passare attraverso le pareti delle capanne. La storia narra che uno di questi pipistrelli fosse stato imprigionato in un muro di piombo, in modo imperituro, da Donald R. Griffith, ricercatore della Rockefeller University. Una storia visiva esposta al Museum Of Jurassic Technology di Los Angeles, luogo d’alta forgia culturale, ma anche di speculativo innesco per rafforzare le attraenti alterazioni che solo la mitologia è da sempre in grado di sollevare, spesso riuscendo a far assumere ad alcune situazioni i connotati dell’ipotizzabile verità.
Ed è con le sue misteriose e drammatiche composizioni che Andrea Belfi si pone l’obiettivo di simulare alcune delle ingannevoli verità prodotte dall’essere umano, creando autentiche illusioni che s’incuneano verosimilmente in ciò che potrebbe apparire concreto.
L’organico che comanda gli ottoni è costituito da Robin Hayward (Tuba), Henrik Munkeby Nørstebø (trombone) ed Elena Akuro (corno francese), tutti musicisti dotati d’invidiabile curriculum, mentre percussioni ed elettroniche sono pilotate dallo stesso Belfi.
Nei fluttuanti schemi di “Pastorale”, nelle scandite trame di “Setteottavi”, nelle dilatate atmosfere di “Pulsing” e nelle ipnotiche tessiture di “Golden”, non manca qualche riferimento diretto alla grande tradizione musical-cinematografica italiana, come alle opere di Steve Reich e Arthur Russell, per toccare anche le primordiali scorribande jazzistiche di William Basinski e, in tenue misura, la sua evoluzione di destrutturazione delle texture.
“Eternally Frozen” mostra un inedito lato di Belfi, sempre pronto a scommettere su se stesso e di conseguenza su ciò che desidera concedere artisticamente al prossimo. La sensazione è che questa strada d’indagatore della suspence, che mette evidentemente in secondo piano alcune delle precedenti chimiche d’avanguardia, in luogo di una sperimentazione, comunque spigolosa, basata sulla coabitazione di strumenti più classici, regali arazzi strumentali più omogenei rispetto ai trambusti elettroacustici piuttosto slegati dei precedenti lavori.
02/04/2023