Autobahn

Ecstasy Of Ruin

2023 (Tough Love) | post-punk, darkwave

Da un po' di tempo un pensiero si insinua tra un impegno professionale, una preoccupazione familiare, una trasferta di lavoro: e se il nuovo revival post-punk che dal mondo anglosassone sta invadendo l’Europa fosse un equivoco? Abbiamo celebrato l’ascesa di Idles, Fontaines Dc e Shame come la rinascita dello spirito dell’onda anomala che all’inizio degli anni 80 travolse la scena musicale fondendo punk, elettronica e dance per creare un labirinto di suoni ed emozioni inedite e rivoluzionarie. E allora mi chiedo: cosa c’entra con tutto questo l’hardcore degli Idles? Che cosa hanno a che fare le chitarre nervose e l’ironia monocorde di Shame e Yard Act con il nichilismo e la sperimentazione elettronica? Riconosciamo pure alla poetica malinconia dei Fontaines Dc un credito che li accosta all’estetica di Joy Division e derivati. Ma per il resto siamo un po' fuori strada, facendo coincidere il post-punk con una residuale parte di quel movimento: Fall, Gang Of Four... Importanti, per carità. Ma dove sono le tastiere, i sequencer, il ritmo ballabile, l’oscurità dark?

 

Ecco dove sono: nel nuovo album degli Autobahn. La band di Leeds, patria dei Sisters Of Mercy, rende attuale il versante oscuro del post-punk. Il suo approccio duro e nichilista rende omaggio allo spirito di Ian Curtis, alle ombrose litanie dei Bauhaus e alla poesia crepuscolare dei Cure. Craig Johnson (alla voce) e soci non si interessano di pop o indie. Il mondo è disperato, loro suonano musica disperata. Ecco tutto.
Se “Dissemble”, esordio del 2015, tracciava una direzione travolgendo l’ascoltatore con linee di basso ossessive e chitarre esplosive, il successivo “The Moral Crossing” (2017) li vedeva più concentrati sul lato oscuro: le chitarre dominavano ancora ma gli scenari industrial prendevano a tratti il sopravvento, come se la musica stesse andando verso un approdo più definito (brani kraftwerkiani come “Future” erano evidentemente più sinceri e vicini alla loro anima).

Con “Ecstasy Of Ruin” dopo cinque anni tornano sulla scena in quattro, avendo perso per strada il batterista. Ci saremmo aspettati un ammorbidimento, invece la scelta di sostituire la batteria con una drum machine fa imboccare alla band la strada definitiva in cui ritmi ossessivi, voce profonda e urlata e linee di basso spaccatimpani fanno sprofondare in un ascolto totalizzante e difficile. Le canzoni dell’album richiedono attenzione e dedizione alla causa, per quanto sono impegnative.
“Post History” chiarisce da subito le intenzioni: chitarra Joy Division, ritmo ossessivo Sisters Of Mercy, basso che scava profondo nelle pieghe di un periodo storico in cui la post-storia è la tomba del nostro futuro, se non ci ridestiamo dal torpore tecnologico. “Silver” scuote le coscienze con il suo 4/4 da club alternativo e giungla di sequencer che fanno perdere l’orientamento: da ballare pensando di essere a Berlino a inizio anni 80 con a fianco un giovane Jim Kerr. “Acid Child” esplora territori più vicini ai Cabaret Voltaire, tutta incentrata sull’incastro tra i sintetizzatori e i rumori post-tutto. Inquietante e ammaliante allo stesso tempo, vira verso il rumorismo e sembra troppo. Non c’è pausa fino a “Tension”, che gioca su varianti elettroniche e distorsioni chitarristiche rimanendo su binari kraut-rock (per non dimenticare da dove veniamo). Per poi tornare ad agitarsi con “Ecstasy Of Ruin”, che i Killing Joke del periodo “Love Like Blood” avrebbero gradito comporre. Travolgente, potrebbe essere il vero inno del nuovo post-punk.

 

In estrema sintesi: gli Autobahn suonano rock per nostalgici. Ma se avete vent’anni non dovreste porvi il problema.

(19/05/2023)

  • Tracklist
  1. Post History
  2. Silver
  3. Acid Child
  4. Fields Of Blood
  5. Tension
  6. Cylinder
  7. Ecstasy Of Ruin
  8. Breather
  9. Vanity
  10. Class War
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