Cos’è? Questa è la domanda che si conficca in testa fin dal primo sussulto di “Teghnojoyg”, l’album con cui Claudio Szynkier, aka Babe, Terror, torna a farsi ascoltare a tre anni da “Horizogon”.
L’interrogativo è lecito al netto della cassa house nascosta sotto il tappeto dell’introduttiva “Congosympah”, ossia dieci minuti esatti di pura follia elettronica quartomondista a dar man forte a una sorta di rituale vagamente jazzato, con le voci sciamaniche che si mescolano tra assoli fusion e frattaglie digitali di vario tipo.
Insomma, siamo al cospetto di un mischione che mette in crisi ogni fantasia. E le cose non cambiano di certo con “Mesapothance”, capitolo in cui il musicista brasiliano alza l’asticella della sua strampalata offerta, agitando a fasi alterne sintetizzatori sconquassati e improvvise corse verso una pista che non c’è.
Se i primi due capitoli espongono però l’ascoltatore al cataclisma, il terzo episodio, “Casa de Canoagens”, è modern classical strizzata in un secchio di giochini al laptop, messi lì, quasi a casaccio, per spostare ulteriormente tutto.
Outsider-house, la definizione di base più corretta per “Teghnojoyg”. Ma non sensata. Perché Babe, Terror in fin dei conti descrive traiettorie solo per poterle cancellare al primo impulso. Ne viene fuori così uno zabaione assurdo che potrebbe tanto disgustare quanto, nonostante tutto, condurre i timpani a un piacevole smarrimento.
Il pezzo del puzzle più “incastrabile” del lotto è la conclusiva “Casa da Guineas”, il cui piano preparato tende a contorcersi in un clima tetro, da film drammatico. E' il degno finale di un album amabilmente singolare.
20/02/2024