Un po’ duole che l’attenzione della critica sul progetto The Smile sia concentrata prevalentemente sulla presenza di Thom Yorke, oltreché sulle spezie ritmiche del musicista nu-jazz Tom Skinner (Melt Yourself Down, Sons Of Kemet, London Brew). Volente o nolente, il ruolo di Jonny Greenwood è comunque fondamentale per quell’equilibrio agrodolce che è gioia e delizia di chi ama/critica il progetto collaterale dei due membri dei Radiohead.
Ancor più duole che l’interesse di Greenwood per la musica mediorientale venga spesso liquidato con sparute note di algidi comunicati-stampa, sorte alla quale non è sfuggito l’intrigante disco realizzato con l’amico di vecchia data Dudu Tassa, già leader dei Kuwaitis.
Gli innegabili risvolti politico-culturali non hanno impedito ai due musicisti di collocare al centro di “Jarak Qaribak” la musica come espressione di sentimenti universali. La natura multiculturale di Dudu Tassa è in tal senso importante per comprendere il progetto: nove canzoni d’amore originarie di diverse regioni del Medio Oriente (Giordania, Algeria, Egitto e Marocco) e ognuna affidata a un cantante proveniente da un paese differente da quello d’origine del brano.
“Jarak Qaribak”, ovvero “il vicino è tuo amico”: in questo manifesto programmatico è racchiuso il senso di un album che Dudu Tassa affronta con lo stesso spirito con il quale ha rinnovato il rock israeliano e che mette ulteriormente in luce le affinità di Greenwood con la cultura araba (Jonny è sposato con l’artista israeliana Sharona Katan).
Il disco è una celebrazione della seduzione armonica della musica mediorientale. Greenwood si destreggia tra le fluide melodie modali con una padronanza frutto di una solida empatia culturale, al punto da osare una versione in stile Kraftwerk di un’antica canzone giordana (“Ya 'Anid Ya Yaba”). D’altro canto, Dudu Tassa non rinuncia alla contaminazione culturale conciliando l’elettronica con la tradizione nell’eccellente rilettura di un canto marocchino (“Lhla Yzid Ikthar”).
Le voci sono le vere protagoniste dell’originale commistione: il cantante egiziano Ahmed Doma non lesina in passione nell’interpretare un brano algerino (“Djit Nishrab”), mentre Mohssine Salaheddine (Marocco) regala inedite dinamiche pop-jazz al canto egiziano di “Leylet Dub” ed è altresì interessante come Saefe Essafi (Dubai) rivesta di atmosfere jazz-ethno-lounge il brano israeliano “Ahibak”, una delle migliori performance dell’intero progetto.
“Jarak Qaribak” è come un miraggio, un disco con il quale dissetarsi, un oceano di suoni e culture che sono patrimonio dell’umanità.
07/02/2024