Coacervo di suggestioni e sonorità che faranno con buona probabilità la gioia soprattutto degli ascoltatori nostalgici di Novanta e Duemila (gli echi Elliott Smith di "Own"), "The Last Remaining Light" rappresenta un balzo di espressività e completezza di scrittura rispetto all'esordio di Far Caspian.
Pur rimanendo legato nell'attitudine all'ambientazione "bedroom" dell'esordio, questo secondo disco è molto di più - e la cosa si manifesta ben presto, nel rock jazzato, dalle reminiscenze Sea & Cake, della title track e della traccia iniziale, dal bel motivo chitarristico.
Il tutto, cioè gli arrangiamenti in particolar modo, è improntato a una scarica emotiva pervasiva per tutto il disco, mantenendosi a distanza dall'esercizio estetico fine a sé stesso. Uno dei temi del disco è un'improvvisa presa di coscienza della propria mortalità di Joel Johnston, dopo la diagnosi del morbo di Crohn, le cui ricadute la ricordano periodicamente.
Un altro tema ricorrente, che si fa strada sia nei testi che nella scrittura, è quello del sogno ("Pool"): per esempio la title track è stata ispirata anche dalla morte, in sogno, della madre di Joel. Le emozioni, pur percepibili, del disco rimangono sempre filtrate attraverso questa coltre onirica, che le sublima e anestetizza ("Pet Architect"), per poi offrire improvvisi squarci ("First Warning Shot").
Un disco che non si adagia mai sulla sua cifra stilistica, nella quale Johnson è chiaramente a suo agio, offrendo sempre spunti all'ascoltatore ("Answer", "Choice").
29/07/2023