Cosa hanno in comune il Texas, i libri di Raymond Carver, il misticismo dei Blonde Redhead, l’aspra malinconia dei Throwing Muses, l’eco di un feedback chitarristico e una poetica folk-rock in bilico tra Bob Dylan e Leonard Cohen?
La risposta si chiama Jana Horn, artista americana giunta a un nuovo album dopo un intrigante e aspro esordio (“Optimism”, ripubblicato nel 2022 a quattro anni di distanza dalla prima versione self-released), nonché autentica protagonista di una delle sorprese dell’anno: “The Window Is The Dream”.
Ad accompagnarla in questo nuovo disco ci sono un buon numero di musicisti di Austin – Jared Samuel Elioseff, Adam Jones, Daniel Francis Doyle e il talentuoso e creativo chitarrista Jonathan Horne – complici di un progetto dal fascino onirico, dolente, quasi colloquiale, avvolgente e melodicamente sapiente, nonché strenuamente poetico.
L’istantanea familiarità di brani come “Days Go By”, scandita da ipnotici accordi di chitarra, e l’intenso ed evocativo groove post-rock tratteggiato da intrecci chitarristici in bilico tra folk e jazz in stile Spain di “The Dream” non lasciano dubbi sulle doti dell’autrice americana.
“The Window Is The Dream” è stato concepito ed elaborato in un fienile trasformato in studio, lontano da qualsiasi suggestione esterna (giradischi, laptop e autoradio di Jana Horn erano fuori uso), unica eccezione un cd dei Fall ascoltato fino alla completa assuefazione. E’ oltremodo indicativo che l’autrice tra una registrazione e l’altra impegnasse il tempo in lavori di restauro del fienile o per la ristrutturazione del bagno, una serenità che è percepibile in ognuna delle tracce del disco.
L’America raccontata dalla musicista texana è un luogo ricco di luci e ombre. Le scarne e malinconiche composizioni di Jana Horn possiedono un’energica matrice impressionista, pian piano che si procede nell’ascolto del disco sembra di percepire l’intensa solidarietà creativa dei musicisti coinvolti nel progetto.
E’ dunque facile restare ammaliati dalla profonda forza letteraria dei testi (la descrittiva “Leaving Him”) o affascinati dalla versatilità della scrittura (la raffinata bossa nova di “After All This Time”), nonché dagli slanci chitarristici che trafiggono la malinconica vena creativa dell’autrice (“Song For Eve”, “In Between”).
Le assonanze citate da alcuni critici con autrici come Aldous Harding e Cate Le Bon sono in parte fuorvianti, il punto di riferimento più valido è Suzanne Vega, non solo per alcune analogie vocali, ma soprattutto per la colta padronanza delle complesse incursioni nella darkwave di “The Dream” e delle contaminazioni jazz e hip-hop che spadroneggiano nell’eccelsa “Love In Return” e che rimandano all’eccellente “99.9 F”.
Album meno cantautorale e più indie-rock, “The Window Is The Dream” è un grazioso compendio di minimalismo lirico e strumentale, un fiammifero acceso nel silenzio della sempre più affollata scena musicale contemporanea, una fonte di calore e luce che inebria l’ascoltatore, grazie a una potenza narrativa non comune, quella potenza narrativa che nei due minuti conclusivi per solo piano e voce di “The Way It Was” raggiunge un’estasi contagiosa alla quale diventa difficile resistere.
Il nuovo disco di Jana Horn è un album affascinante, atipico, un rock cantautorale dalle mille sfaccettature sonore, facile da amare, difficile da dimenticare.
22/09/2023