Sono passati più di dieci anni da quando Mac DeMarco ha rimodellato i confini del lo-fi-pop. Un paio di album ricchi di felici intuizioni, "2" e "Salad Days", ha consegnato all'artista canadese le chiavi della notorietà, accompagnandone l'evoluzione verso un sound sempre più raffinato ed elaborato, per molti versi figlio illegittimo delle sofisticazioni concettuali ed estetiche degli Steely Dan.
"Here Comes The Cowboy" ha lasciato i fan in preda al dubbio e a molteplici interrogativi, e dopo quattro anni di silenzio, ecco l'ennesimo schiaffo sonoro: un album interamente strumentale dalle sonorità dolenti e meste.
"Five Easy Hot Dogs" è il racconto di un viaggio, un percorso a tappe sottolineato da quattordici bozzetti ambient-folk dalla struttura fragile e dal fascino effimero, tenuti insieme da un'ispirazione che profuma di mestiere e di autoindulgenza.
Il titolo è un esplicito richiamo al film "Five Easy Pieces", solo che mentre Jack Nicholson nella pellicola intraprendeva un viaggio per raggiungere il padre morente, Mac DeMarco dà inizio al cammino dopo la morte del padre.
Disincanto e solitudine fanno da cornice a un album non facile da amare, non privo di quell'avvenenza incidentale degli album strumentali. In passato Mac DeMarco si è divertito spesso a ridisegnare l'humus dei suoi progetti pubblicando demo version dal fascino impalpabile eppure accattivante. "Five Easy Hot Dogs" non è però assimilabile a un album di provini e bozze: le quattordici tracce del disco non hanno la logica dei demo, sono brani strumentali ben definiti, spogli e armonicamente lucidi.
Chitarra acustica, percussioni, beat-box, basso e tastiere vintage creano una colonna sonora evanescente, un ambiente musicale quasi naif. Dietro arpeggi delicati e melodie incomplete si nasconde un rigetto per un successo non voluto e mai inseguito dall'artista. Brani come "Portland" e "Chicago" godono di ritornelli pop-jazz incisivi e di distrazioni tonali di synth, e anche le chitarre acustiche a volte sono sbilenche e confuse ("Portland 2"). Tanta indolenza armonica tiene per fortuna lontano lo spettro della musica da sottofondo, che spesso aleggia durante l'ascolto: "Vancouver 2", "Victoria", "Crescent City".
"Five Easy Hot Dogs" è per molti versi una sfida, un disco destinato a un veloce distacco, un album di foto ingiallite non dal passare del tempo ma dall'uggia che ne ha nutrito la genesi. Il rischio per l'ascoltatore è di restare disorientato e privo di un approdo certo e costante. Senza dubbio questo disco è una parentesi, un pezzo infinitesimale di una storia della quale non è stata scritta ancora la parola fine e che promette interessanti nuovi capitoli.
22/03/2023