Massimo Pericolo non balla, non canta
Non spaccia, non scamma, non è una trapstar
Massimo Pericolo non è una banca
Non mangia e non sgancia se l'album non spacca
L’impatto con il terzo album di Massimo Pericolo è frontale, una dichiarazione iniziale per distinguersi da tutti gli altri con la sfrontatezza di un nuovo Fabri Fibra. È il presupposto di un album diverso nel sound, più cupo e meno aggressivo, ammorbidito nei beat e piegato a ritornelli melodici del pop. “Le cose cambiano” è un titolo che funge quasi da excusatio non petita, per anticipare un disco più intimo e accessibile.
La perdita di una persona cara in “Diluvio” e la mancanza di affetto centrale in “Moneylove”, con un canto un po' Blanco, suggeriscono comunque un’apertura pop che “Straniero” esplicita con un beat stereotipato animato da un arpeggio di chitarra: è un racconto a due voci, con Tedua, che dista anni luce dalla conflittualità degli esordi e si adagia su una più banale storia di se stessi. C’è più ottimismo, come nella techno popolare di “Totoro 2”, con lampi di disperata euforia, o il ritrito pop-rap da discoteca di “Come aria”, degno del più ruffiano Ghali, ma rimane centrale anche il conflitto con l’autorità e la società, non a caso tra gli ospiti compaiono Niko Pandetta, Speranza e Baby Gang, peccato che nessuno di questi ultimi brani trasmetta la bruciante urgenza di un tempo.
Il problema non è l’apertura al pop e neanche l’alternarsi di brani più smussati con altri che conservano qualche spigolo, ma il fatto che poco o nulla di quello che viene raccontato sia nuovo per la scena. Nel suo scorrere, poi, l’album diventa incoerente e sfilacciato, privo di una direzione unitaria, che accoglie ovvietà trap-pop e variazioni fuori contesto, come l'elettronica atmosferica di "Povero stronzo".
Il miglior racconto è quello di “17 anni”, totalmente parlato ed efficace perché senza filtri, triviale e nostalgico, e non è esattamente un Pulitzer.
La lunghezza della scaletta non aiuta, soprattutto se serve a dare spazio a brani dimenticabili prima dell'outro. Pur nella cornice definita dall'introduzione e della conclusiva "Non parlarmi", e pur considerando il titolo dell'album, "Le cose cambiano" appare confuso e incoerente, debole nei momenti più pop e spesso scontato o poco ispirato altrove. I guizzi ci sono, perché Massimo Pericolo è talentuoso come pochi altri nella scena italiana e il team di produttori include anche fuoriclasse come Crookers, ma tutto ciò non basta a tenere in piedi l'album, assai meno consigliato del precedente "Solo tutto".
09/12/2023