Name a rapper that could channel Big Poppa and push out Papa Bear
Ho, I'm mother of the year
Nicki Minaj è diventata una delle rapper più famose del mondo con l’album “Pink Friday” (2010). Da quell'esordio ufficiale, doppiato con un appeal più pop con “Pink Friday: Roman Reloaded” (2012), ha poi voluto allontanarsi prima con “Pinkprint” (2014) e soprattutto con un album più classicamente hip-hop come “Queen” (2018), il suo apice come rapper ma anche il momento in cui la sua carriera sembra essere entrata in crisi, anche a causa dell’arrivo di nuove competitor giovani e agguerrite come Cardi B o, più recentemente, Doja Cat. Il ritorno alle origini promesso implicitamente da questo “Pink Friday 2” è però un tentativo che è destinato a fallire, essendo cambiati il contesto musicale e anche la forza creativa della titolare.
Oggi il frullato stilistico di Nicki Minaj suona assai meno eccentrico e gli aspetti più pazzoidi della sua rap persona sono ormai smussati: si è sposata e ha avuto un figlio; è già tornata al suo passato con la riedizione di “Beam Me Up Scotty” (il mixtape del 2009); ha collaborato con nomi come Elton John e partecipato a programmi televisi pensati per il grande pubblico generalista. Questo quinto album di studio, accolto da un tripudio di ascolti in streaming, è stato anticipato dalla partecipazione alla colonna sonora del blockbuster “Barbie” di Greta Gerwig, e proprio la bambola Mattel ritorna nell’aggressiva trap di “Barbie Dangerous”. Quest’ultimo brano è facilmente accomunabile a un gruppetto di altri brani trap abbastanza ordinari per la fine del 2023, come “Beep Beep”, “Pink Friday”, “Big Difference” e “Bahm Bahm”, resi particolarmente trascurabili da una tracklist prolissa di ben 22 canzoni.
Altrove Minaj è più morbida, introspettiva e soul (“Are You Gone Already”; l’atmosferica “Fallin 4 U”; “Nicki Hendrix” con Future) o, peggio, pasticcia con il pop-rap senza speziare tutto dell’istrionico spirito creativo di un tempo, come in “Let Me Calm Down” (feat. J. Cole), affollata di vocalizzi e tastiere, o nella fluttuante “Needle”, con Drake che impone la sua idea di brano latin-pop.
Questa strada più trasversale e pop ha bisogno di un po’ più di eccentricità, infatti quando “Everybody” con Lil Uzi Vert campiona una "Move Your Feet" di Junior Senior velocizzata, con risultati quasi footwork, si ha l’impressione che l’inarrestabile ciclone rosa del 2010 sia tornato, pur fugacemente, dietro il microfono. Un simile risultato, pur meno dirompente, è raggiunto anche da “Red Ruby Da Sleeze”, un mix di dancehall, pop e trap con un sample di "Never Leave You (Uh Oooh, Uh Oooh)" di Lumidee, e "Pink Friday Girls", che campiona “Girls Just Wanna Have Fun” di Cyndi Lauper. “Anaconda” ottiene un ideale seguito con “Super Freaky Girl”, con il sample irresistibile di “Super Freak” e un testo explicit.
Forte di un personaggio esplosivo, Nicki Minaj ha trovato spazio negli anni Dieci grazie a una proposta musicale, immagine compresa, sempre sopra le righe e oltre ogni remora nei confronti del kitsch. Con “Pink Friday 2” ci viene dimostrato che, tolto quell’elemento bizzarro e ipercinetico che caratterizzava i primi singoli e album, e già assorbita la consapevolezza che Minaj possa essere anche un’ottima rapper in “Queen”, rimane poco di nuovo da aggiungere a una carriera che sembra arenata. Il proposito di rinnovarsi e ripartire di questo seguito è tradito da un’ispirazione latitante in buona parte di una tracklist sovrabbondante, resa tediante da troppi passaggi a vuoto e pochi, per quanto rinvigorenti, momenti di creatività.
28/01/2024