Avanguardie e rock sperimentale. No, per parlare dei Pure Adult non abuseremo ancora dell’ormai termine-contenitore in voga, utilizzato per definire qualunque band faccia largo uso di basso e batteria in stile mitragliatrice. Nato inizialmente come progetto solista dall’inventiva di Jeremy Snyder, musicista di stanza a Brooklyn, vede una svolta concreta nel 2017, quando quest’ultimo unisce le forze con la ballerina e artista visuale Bianca Abarca. L'Ep di debutto “Pure Adult I” viene pubblicato nel 2019, ed è una sorta di prima rappresentazione accurata degli interessi musicali e delle idee filosofiche e politiche (radicali) condivise dal duo. Considerati i presupposti, chi poteva figurare tra i più grandi fan dei Pure Adult, se non gli Idles?
Negli spartiti della coppia si ritrovano in effetti molti rimandi a Joe Talbot e soci, ma non solo. A spiccare sono soprattutto le note avanguardistiche in direzione This Heat, la violenza sprigionata dagli Swans degli esordi in “Filth” e gli approcci aggressivi dei primi Sonic Youth. I dissonanti e frenetici cambi di passo dell'esordio effettivo della nuova spalla dei Gilla Band, con cui si apprestano a iniziare il tour in Nord America a breve, uniscono no wave, rock rumoroso, e reminiscenze kraut-rock.
La disarmonica e articolata “Hot Crusade” apre efficacemente il disco con toni loud, miscelando dettagli noise-rock e industrial: tra le influenze di riferimento si riconoscono la reboante “Grounds” degli Idles e parte della produzione solista di Jehnny Beth, per poi deviare su un convulso riff di basso graffiato da stridii sintetici che inaugura lo sprechgesang di Snyder, sfumando in poche note ripetitive di chitarra e una coda drammatica dominata dagli archi.
La successiva e inquietante “The Rope” si destreggia tra urli sinistri, bizzarrie kraut e chitarre spagnoleggianti che emergono dallo sfondo, per poi chiudere incentrando tutto su un piano. La dinamica “The Power Of Incredible Violence, Pt. III” prende le mosse e sviluppa la parte introduttiva dell’opener, focalizzandosi sui drum loop che fanno da ponte con la scura e minimale “Do You Feel Like You've Been In A Lot Of Forests?”.
“Ain't A Woman?” funge da anticamera per “We Have Merchandise”, al termine della quale riappaiono pianoforte e archi frammentari. La batteria cigolante delle tese (ma non particolarmente utili) “The Chair, On Fire” e “The Long Leash” cede il posto ai bizzarri guizzi della più breve “Isfahan Bossa”, traccia di impronta cool-jazz che, almeno nel suo titolo, guarda a Oriente. Isfahan è infatti una delle città dell’Iran più ricche dal punto di vista architettonico e per questo soprannominata “la metà del mondo”.
La vita di Snyder è stata segnata da un’educazione severa, all’insegna dei dettami della chiesa evangelica imposti dai genitori, che a detta dello stesso artista erano inseriti in un sistema molto simile a quello di una setta. “A Big Surprise” tratta tale tematica, soffermandosi sull’ordine meritocratico della stessa, tra ronzii elettrici di chitarra, rincorse e variazioni di velocità, spiazzando con dei ritmi esotici nel finale. “Etcetera, Etc.” si trascina lentamente verso la conclusione, incontrando synth vagamente fuori tono e inciampando a più riprese sulla bassline.
Cupo e lunatico, “II” rimane coerente dall’inizio alla fine, forse anche troppo, risultando eccessivamente pedante in alcuni passaggi centrali. L’opera riesce tuttavia a snocciolare qualche spunto interessante tra un assalto e l’altro, tentando qualche accostamento ardito e azzeccato, abbastanza da gettare un piccolo focus sul duo statunitense per tenerne d’occhio le mosse nel prossimo futuro.
(05/02/2023)