Musicista svedese, membro della band
Testbild, Petter Herbertsson ha da oltre un decennio creato un progetto collaterale a nome Sternpost, inaugurato nel 2012 con l’omonimo Ep e poi suggellato da due album pubblicati tra il 2017 e il 2018, ai quali si aggiunge ora un nuovo capitolo, “Ulrika”, stampato dall’etichetta svedese Dilettante in sole 200 copie in vinile.
Le attitudini avant-pop, jazz, neoclassical amabilmente retrò del gruppo madre sono ancora una volta al centro del progetto, ma mentre il precedente “
ANTI-CLOCK” si nutriva di anarchie armoniche, accordi impossibili, eccentriche manipolazioni elettroniche e un estatico caos, “Ulrika” predilige una struttura più organica e composita, per una musicalità più riflessiva e contemplativa, ispirata al personaggio femminile che funge da
trait-union tra i vari brani, Ulrika, appunto.
Attraverso gli occhi della protagonista, il musicista osserva con disincanto una realtà circostante fatta di piccoli dettagli. Alle tre foto di copertina corrispondono altrettanti pensieri (Ulrika Tankade Pa = Ulrika pensa): la pioggia (
regn), il colore verde (
gront) e i pulsanti (
knappar). Cosa rappresentino non è facile saperlo, quel che è certo è che ancora una volta quel flusso pop orchestrale che Herbertsson ama definire
solipsist pop, raggiunge un elegante climax poetico.
“Ulrika” è un album pop volutamente
unpopular: difficile immaginare il fruitore mordi e fuggi di Spotify alle prese con questi delicati, tenui, rilassati e musicalmente ingegnosi bignami
symphonic pop, per molti versi affini alle delizie di
Paddy McAloon e del suo album “
I Trawl The Megahertz” (“Kanske”, “Alla Dagar Försvann”). La musica di Sternpost entra con passo felpato nell’universo degli
High Llamas, replicandone sia il virtuosismo pop (“Ulrika Har En Bil”) che le delizie più oniriche (“Ögonblicket Innan”). L’artista svedese si diletta altresì con le nobili armonie di
Louis Philippe (musicista che ha condiviso con gli svedesi Testbild il progetto “
The Ocean Tango”), queste ultime facilmente rintracciabili nelle trame teatral/cinematografiche quasi
felliniane della splendida “Detta Alternativa Segel” o delle più lievemente jazzy “Knappar” e “Stjärnsändare”.
Ovvie le prevedibili assonanze ai Testbild, che fanno bella mostra in molti episodi (“Kalksinter”, “Anamorfosen”, “Ulrika Tänker På Regn”), e naturalmente non sono state accantonate le influenze del
Canterbury sound abilmente esplorate nell’ultima traccia “Ekfras“, nel cui titolo, che deriva dal greco e indica l’arte di creare arte che raffigura altre forme d’arte, è racchiusa tutta l’essenza del progetto Stenpost; è quello che Petter Herbertsson compie egregiamente in tutte le opere nelle quali è coinvolto, dai Testbild ai Blago Bung e ovviamente gli Sternpost, artisti che rappresentano un avamposto sicuro per chi vuole difendersi dalla mediocrità.