Quarto album per Sven Wunder, quarto capitolo di un viaggio etno-jazz-psych in chiave library music, nonché ulteriore dimostrazione dell'inventiva e dell'estro del musicista svedese, questa volta alle prese con le suggestioni della musica jazz, soul e funky.
L'elegante struttura orchestrale ed easy-listening, già abilmente collaudata ed elaborata con la consueta eleganza nei precedenti capitoli, è questa volta messa a uso e consumo di un disco dalle connotazioni geografiche meno nette. Le influenze della musica turca di "Eastern Flowers", le intense profumazioni orientali di "Wabi Sabi" e le più nette assonanze alla library music italiana di "Natura Morta" sono leggermente accantonate, in nome di un più ambizioso progetto dai toni notturni, è infatti la notte il leit-motiv di "Late Again".
Il quarto album di Sven Wunder è apparentemente il meno innovativo - ci sono evidenti richiami alla fusion e alla lounge music - ma è senza dubbio il più complesso e ricercato dal punto di vista degli arrangiamenti e della resa strumentale. Ricche strutture armoniche e composizioni dal piglio più deciso si susseguono con una naturalezza e una leggerezza che ancora una volta diventano il vero marchio di fabbrica del musicista svedese.
L'originale pop-funky dalle tenui profumazioni blaxploitation di "Pop-Jazz Structures", le romanticherie retrò di "Stars Align" e il corposo tratteggio acid-jazz supportato da una sfavillante sezione fiati di "Sundown" sono composizioni esemplari e mai prive di brio e originalità.
È comunque evidente l'intenzione di Wunder di offrire a ogni disco un'identità e una natura da concept-album, le dieci composizioni sono state infatti elaborate in un lungo arco di tempo, accantonate in virtù della loro natura urban-soul-jazz dai toni noir, in attesa della loro giusta collocazione.
La perfezione degli arrangiamenti orchestrali per un attimo rimanda alle grandi orchestre jazz anni 60 e 70 ("Take A Break", "Lunar Distance"), ma anche a esternazioni jazz-fusion spesso confuse con le aride sfumature di certa new age (la sensuale magia di "Jazz At Night"), o con l'inutile virtuosismo di talentuosi session-man (l'incantevole tocco guitar-noir di "Asterism Waltz").
Al piano spetta il ruolo centrale della raffinata title track, un brano che come il calar della notte mette a riposo il mondo reale per un piacevole ingresso in quello dei sogni, un luogo che Sven Wunder racconta da anni con una sempre più affascinante ed esperta enfasi musicale, dentro un'oasi sonora nella quale è sempre piacevole rifugiarsi, e non solo per i fan del genere.
27/09/2023