Da alcuni anni il nome di Amelia Coburn è sulla bocca non solo degli appassionati di folk, ma anche dei fan dei Wedding Present. I primi attratti dai tanti premi e menzioni d’onore raccolti dall’artista negli ultimi otto anni nonché per le varie performance in festival folk di un certo rilievo, i secondi invece abbagliati dall’ottima cover di “My Favourite Dress” della formazione new wave capitanata da David Gedge.
Che l’esordio della cantautrice di Middlesbrough giunga dopo un lungo periodo di tempo è dovuto alla volontà di Coburn di confrontarsi con altre realtà musicali, consapevole della gracile attrattiva di strumenti come dulcimer e ukulele, da qui la scelta di vivere e lavorare in punti diversi del globo - Parigi, San Pietroburgo, Città del Messico – prima di ritornare in patria e coinvolgere l’attonito Bill Ryder-Jones come produttore di “Between The Moon And The Milkman”.
L’esordio di Amelia Coburn è un piccolo miracolo creativo, un disco dalle sonorità potenti, ben diverso da qualsiasi album folk che avete ascoltato quest’anno. Basta l’impeto a metà strada tra un disco rock-blues anni 70 e la stravaganza sonora dei Velvet Underground che anima la prorompente “Sleepy Town”, per apprezzare la notevole reinvenzione del suono dell’ukelele, inserito in un corpo strumentale graffiante e avventuroso.
E’ in egual modo impressionante come l’autrice moduli la struttura narrativa della romantica ballata “Sandra”, con un crescendo che pian piano introduce elementi sinistri e una performance vocale che alimenta l’atmosfera horror-gothic del brano. Anche quando le canzoni scivolano nel nonsense (“Perfect Storm”) gli echi pop dei Beatles e la magia mistic-celtic-folk di Kate Bush trovano un’alchimia intrigante, che contribuisce ulteriormente alla versatilità del progetto. E anche l’episodio più zuccherino, “Dublin Serenade”, non si concede alla banalità, mentre la fantasiosa e spagnoleggiante “Oh Captain! Guide Me Home” mette a dura prova le qualità vocali dell’autrice, sempre più simili al canto delle sirene di Ulisse.
In verità, qualsiasi disco contenga una perla come “See Saw” meriterebbe quantomeno un ascolto non fugace. Amelia Coburn in meno di quattro minuti concentra la magia goth del film “Wicker Man”, il fascino ambiguo del jazz da cabaret, l’inquietudine onirica del folk-noir e il terrore evocato da filastrocche tipiche di un film horror.
Per i non fan del genere, “Between The Moon And The Milkman” potrebbe risultare una piacevole sorpresa, a patto però di superare l’impatto iniziale che resta placidamente su traiettorie folk-pop, gestite comunque con gusto e arrangiamenti pregevoli. Nel frattempo è opportuno annotare il nome di Amelia Coburn tra quelli da tenere d’occhio per il futuro.
06/01/2025