Astrid Sonne

Great Doubt

2024 (Escho)
synth, art-pop

Siamo ai confini della forma, laggiù dove il cantautorato “pop” si riavvolge su se stesso in chiave lo-fi per creare mutevoli sinestesie come tanti piccoli lumini accesi nel buio d’una notte d’autunno. Grandi rivelazioni? Al contrario, solo un “Great Doubt”, nove brevi composizioni avvolte da un’elettronica basilare, con sparuti contorni di flauto e viola. Sul tutto, una voce colloquiale, finanche incidentale, ma mai parca d’un certo fascino primitivista: come da disarmante foto di copertina, che sembra una polaroid-ricordo scattata durante l’Erasmus, “Great Doubt” si fa cantore di sentimenti comuni, rendendo all’ascoltatore un quadro stranamente familiare.
Ma la danese Astrid Sonne non è certo sola in questo tragitto; esiste infatti una lunga tradizione di artisti che, partendo dal crudo minimalismo in chiave wave di John Maus e Nourished By Time, passa attraverso Tirzah, Carla Dal Forno e Molly Nilsson, per arrivare infine a Grouper e alla madrina spirituale di tutto ciò che risponde al nome di poesia al sampler, Leslie Winer. Pur con accenti e sfumature diverse, infatti, “Great Doubt” parte da quelle stesse scheletriche intuizioni dub per costruirvi attorno una poetica tremendamente attuale.

Non v’è altro modo per descrivere “Do You Wanna”, un dubbio sul ruolo della maternità snocciolato con afflato talmente stringato da non lasciar via di fuga, soprattutto perché la domanda rimane aperta ed è proprio questo senso d’incertezza a rendere il pezzo così efficace - incidentalmente, una simile riflessione quest’anno l’aveva avanzata Charli XCX su “I think about it all the time”: le due ragazze non potrebbero essere più diverse, eppure sono accomunate dagli stessi quesiti circa il proprio ruolo nella società contemporanea.
Ma per il resto Astrid evita cautamente ogni caciara di troppo; l’indugiante “Give My All”, le scarne partiture da camera di “Almost” e un sintetico finale a passo di trip-hop con “Say You Love Me” compongono il cuore di un ascolto ondivago e ammutolito, che scivola via dopo una sola tornata, ma si lascia dietro un alone stranamente persistente. È il caso di “Staying Here”, perfetta comunione tra synth e parola, un brano mondano ed evanescente che pure scava nel subconscio con ogni battuta. Ma “Great Doubt” è anche poetica della decostuzione; nebulosa e quasi etilica, “Everything Is Unreal” ha più l’aspetto d’un drone psichedelico, mentre la suggestiva “Boost” quasi richiama in chiave bass le paturnie di Elysia Crampton e Aisha Devi.

Se eravate a caccia di emozioni forti e canzoni da cantare sotto la doccia, “Great Doubt” non è proprio il disco per voi. Nel suo incerto progredire di frasi di circostanza e melodie costruite col pigia-bottoni, questo disco riesce a depistare anche l’ascoltatore più attento – due brevi interludi strumentali, “Light And Heavy” e “Ouverture”, tradiscono la predilezione di Astrid per l’arte del collage più rudimentale e trasandato. Eppure, l’ascolto di questo album funziona in retroattivo, nel momento in cui ti rendi conto che la sua memoria è più forte del contenuto stesso, perché è proprio in quello stato liminale di dormiveglia che i dubbi improvvisamente si schiariscono, ovvero quando li combattiamo nel loro stesso campo di gioco.

13/12/2024

Tracklist

  1. Light And Heavy
  2. Do You Wanna
  3. Give My All
  4. Almost
  5. Boost
  6. Everything Is Unreal
  7. Staying Here
  8. Ouverture
  9. Say You Love Me




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