L'aspetto anagrafico di Channel Tres è ancora facile da stilare: Sheldon Jerome Young, trentatré anni dal quartiere losangelino di Compton, la culla dell'hip-hop della West Coast. Lungo sei Ep e una manciata di collaborazioni, ha raggiunto oltre quattro milioni di ascoltatori mensili su Spotify, districandosi nel sottobosco indipendente prima di approdare su Rca con questo album di debutto, "Head Rush".
Ma definire l'arte di Channel Tres è impresa più sdrucciolevole. Dapprima un'infanzia passata in chiesa sotto la cura dei nonni, poi a ricoprire il ruolo di batterista nel coro della scuola, infine l'inquietudine dell'adolescenza, che ne ha incendiato la fantasia portandolo a fare il rapper e creare le proprie basi, con continui allunghi alla house in veste di disc-jockey e remixer.
Da tali premesse nasce quindi una poliforme e discorsiva miscela sonora ideata per una pista da ballo aperta a tutti - impossibile non pensare a Kaytranada, collaboratore di lunga data col quale Tres sarà anche in tour quest'autunno. È proprio con la pulsante title track, avvolta da notturni filamenti di archi sintetici, che l'autore chiede all'ascoltatore di non relegarlo in un solo genere musicale: la sua storia è stata molto più tortuosa e questo album vuole rappresentarne ogni curva. Pur a sorti alterne, il suo desiderio può considerarsi avverato.
Ecco quindi la sottile ma ficcante Ravyn Lenae a creare tensione sul duetto chopped & screwed "Need U 2 Know", e il solito Ty Dolla $ign a sporcarla ulteriormente con un'appiccicosa "Holy Moly". Il singolo "Cactus Water" è un solare disco-funk reminescente dell'ultimo Calvin Harris, l'immancabile Thundercat offre aiuto sull'indietronica squisitamente nerd di "Candy Paint". Il solo Tres si ritaglia un momento sull'autobiografica "I'm Him", probabilmente il pezzo che più ne rappresenta la personalità: deluso e bofonchiante, ma sfacciato abbastanza da richiedere il proprio posto nel mondo.
Ma la continua rincorsa all'ultima tendenza troppo spesso sfiora l'anonimo da streaming, lo stesso Tres non ha una presenza vocale particolarmente camaleontica, "Head Rush" finisce dunque con l'ondeggiare senza mèta come un mixtape riarrangiato per un dj-set, con buona gestione del ritmo ma pochi spunti d'interesse lirico-compositivo.
Impossibile non pensare a Drake su "Joyful Noise", a un passo da certi cantilenanti episodi dancehall, mentre la rauca "Black & Mild" sembra uscita dalla mano di Timbaland, e tacciamo del solito Toro Y Moi a tutta chillwave sulla piacevole ma scontata "ASPEN". Abbiamo poi la viscida discoteca di "Berghain" che digrigna i denti come Zebra Katz - solo una delle tante intereferenze queer sparse lungo l'ascolto di un album che, sin dal titolo, sembra offire un commentario agli effetti del popper. Davvero confusionari, però, i pastiche ideati con Watr e Teezo Touchdown rispettivamente, ancor più deludente "We Hungry", che spreca l'apporto della rediviva Estelle su un esperimento afflitto da scarsissima verve.
Album sfuggente e sibillino, "Head Rush" sembra sempre sul punto di sedurre con qualche buon beat che attacca alle gambe, e se ascoltato distrattamente con un cocktail in mano a bordo piscina ci riesce pure, ma in ultima istanza smorza l'impatto emotivo dentro a facili soluzioni e una scrittura ripetitiva. Nonostante la lunga esperienza alle spalle, Channel Tres non sembra avere qualcosa di originale da offrire, oltre al senso di riscossa personale dovuto all'arrivo su major e conseguente ingrasso delle proprie tasche - cosa solo in parte comprensibile per un album di debutto.
Purtroppo per lui, la scena nella quale s'inserisce è già popolata da una pletora di fantasiosi personaggi in grado di fronteggiare microfono e console per mescolare house, funk, soul e r&b con gusto postmoderno, vedasi Cakes Da Killa e un certo Pharrell Williams, ma anche Kalifa (un tempo Le1f), LSDXOXO, Aminé, Sunni Colòn, Duckwrth, i Lion Babe e tanti altri. C'è comunque da sperare che, col tipo di contatti creatisi nell'industria, Channel Tres sia solo all'inizio di un nuovo percorso di crescita.
10/09/2024