Un grosso cerchio nero copre il volto di Enrico Berlinguer. L’indimenticabile segretario del partito comunista italiano e il sogno mai realizzato di una stagione irripetibile per la sinistra del paese formano il leit-motiv del nuovo album di Cigno, intitolato sarcasticamente “Buonanotte Berlinguer”, per l'esattezza il terzo, dopo “Morte e pianto rituale” del 2022 e “Nada! Nada! Nada!” del 2023. Tre dischi, dunque, pubblicati uno dietro l’altro, che chiudono così una trilogia discografica dai temi socio-politici e dai suoni mai scontati.
Il cantante e chitarrista romano anche a questo giro punta al disfacimento di tutto lo scibile, sia sul piano meramente filosofico e tematico, sia sotto il profilo stilistico, con generi come electro-dark, punk, art-rock e spoken-poetry che si contorcono mentre le parole sputano sentenze pregnanti di disillusione e anche di sano black humor. Il sunto tematico delle invettive di Cigno si potrebbe intendere, comodamente e senza far torto a nessuno, come una sorta di comunismo anarchico in libera uscita verso l’apocalisse.
Nevrosi, catarsi e perdizione pressoché totale: “H” è il vertice della meravigliosa follia di Cigno, per un assalto frontale in chiave techno-trance che irride le illusioni di libertà in un mondo post-postmoderno consumato ormai dal nulla. L’allucinazione continua in “L’alluvione del padrone”, a inscenare un rituale messianico sul ridicolo che procede senza alcun freno. Stavolta l’impianto è tribale e meno cibernetico, con tanto di sax rotto che subentra a mezza via per alimentare ancor di più il disagio.
Il mio gommone è come il tuo, come no
Andiamo tutti al fronte
Togli Cristo dalle porte
Siamo sommersi nel disagio
L’anima punk di Cigno salta fuori in momenti altrettanto deviati come “Enrico Malatesta”, nomen omen di un approccio anarchico che ricorda in questo caso Gaznevada e Skiantos. A chiudere poi questa cavalcata in opposition è la canzone che dà il titolo all’album, con cui il musicista capitolino allestisce un’ultima liturgia messianica sul comunismo estinto di Berlinguer, che si fa per l’occasione Cristo o Lazzaro, fate un po’ voi, e torna per “partecipare alla vita pubblica e dirigere la sinistra italiana”, prima di essere ucciso "ancora una volta" da un gruppo di facinorosi eversivi.
“Buonanotte Berlinguer” è il canto del cigno, si perdoni il gioco di parole, di una trilogia importante, che consolida il buon Diego Cignitti a creatura unica nel sempre più imprecisato sottobosco musicale italiano. Uno yeti che ogni tanto esce fuori dalla tana per gridare all’universo-mondo un disappunto generale grosso quanto la montagna in cui è costretto a rifugiarsi per non soccombere alla tirannia della modernità e delle innumerevoli serpi che la abitano.
02/03/2025