Resta enigmatica l’identità dei Craven Faults, mentre si consolida la specificità della loro musica. Tecnologia e trance psichedelica sono ancora gli elementi strutturali di un sound progressive/electronic che non smette di sperimentare nuovi idiomi, in un susseguirsi di astuzie e intuizioni creative sempre più raffinate.
“Bounds” fa seguito all’inebriante secondo album “Standers”, virando verso atmosfere meno euforiche e più oscure. Il tono più contemplativo e quasi cinematico della prima traccia ,“Long Stoop”, è comunque propedeutico alle vibranti evoluzioni kraut-rock e al crescendo di ritmiche motorik di “Groups Hollows”, le quali offrono spazio a deliziosi svolazzi di sintetizzatori e a un più organico incedere di basso, che ancora una volta sottolineano l’abilità dei Craven Faults nel mettere sullo stesso piano creatività analogica e furia tecnologica.
La musica di “Bounds” si muove agilmente tra paesaggi naturali e rappresentazioni ambientali che guardano al futuro, tra echi industrial, schizzi techno e fantasiosi riff minimali, che modellano corpi sonori simili a un monolite, enigmatici e misteriosi, brani scolpiti con una saggezza che incanta e seduce pur quando scava in meandri più oscuri (“Lampes Mosse”).
I diciotto minuti abbondanti di “Waste & Demesne” fungono da compendio a quanto finora elaborato dai Craven Faults: l’equilibrio tra astrazioni e corpose sonorità elettroniche, l’alternanza tra moderne soluzioni di drone music e musica cosmica tedesca alla Tangerine Dream, la messa a fuoco di elementi goth o più sobri e il leggero accesso di distorsioni e dissonanze trovano nella lunga traccia finale una definitiva dimensione estatica.
Per quanto possa sembrare un leggero passo indietro rispetto all’esuberante fascino di “Standers” e per quanto i Craven Faults risultino più convincenti quando aumentano il passo ritmico, “Bounds” è l’ennesimo tassello di un affascinante puzzle ancora tutto da scoprire.
23/03/2025