Avventurarsi tra le migliaia di uscite settimanali in campo metal è come ficcarsi in un pagliaio alla ricerca del proverbiale ago. Si tratta infatti della devianza rock più ampia e prolifica di tutte, come disse qualcuno su queste pagine "la mamma dei sottogeneri del metal è sempre incinta". La cosa, ovviamente, è andata amplificandosi con l'avvento delle piattaforme streaming, con l'unica differenza, rispetto a pop e hip-hop, che gli artisti metal sono caparbiamente affezionati al formato album.
Con un po' di fortuna e con il giusto aiuto dell'algoritmo capita però ancora di incontrare formazioni capaci di dire qualcosa. Nel caso dei berlinesi "Future Palace", insieme dal 2018 e già al terzo Lp, la sorpresa è ancora più grande poiché maneggiano una forma alternative metal sì ibrida, ma anche mediana rispetto alle frange più estreme e a quelle più orecchiabili della mischia. Mi si passi il termine un po' sprezzante, generalista.
Dopo un "Run" del 2022 intento a sondare abissi di durezza con risolutezza, "Distortion" è il disco (e i primi numeri sembrano incoraggianti) che, alleggerendo un po' il carico e incrementando la presenza melodica, potrebbe portare al trio la meritata visibilità. Non si tratta di uno slow burner, anzi. L'apertura, intitolata "Uncontrollable", scaraventa già tutto il baccano di cui i Future Palace sono capaci nelle orecchie di chi ascolta: chitarre accordate basse prone a ringhiare, sessione ritmica rutilante e la voce della gracile Maria Lessing ora limpida e melodica, ora furiosa e urlante. "Malphas" bissa la violenza del primo brano, costruendo la tensione mediante il riffing sincopato e un ritornello che divampa all'insegna dell'epica.
"Dreamstate" e "Decarabia" imbevono la formula del trio in un mare di tastiere di memoria goth-metal e sentori mediorientali; mentre "The Echoes Of Disparity", prodotta e cantata in compagnia di Charlie Rolfe degli As Everything Unfolds, è tanto punk nell'attitudine quanto ammiccante a una certa metrica hip-hop.
Forse un po' troppo indulgenti nel ripetere la medesima struttura, le varie "Into Deep", "Rays Of Light" e "They Take What They Want" continuano a esplorare la tematica chiave del disco, ossia i disturbi psichiatrici dovuti alle pressioni della società e del mondo circostante, con una semplicità capace di far breccia.
Chiude la scaletta "Amethyst", una caduta dal precipizio dalle sfumature black metal che aggiunge agli ovvi riferimenti della band (Bring Me The Horizon, Bad Omens ma anche i nostri Lacuna Coil) istanze più laceranti e atmosferiche, come il blackgaze dei Deafheaven.
C'è davvero di tutto, nel metalcore di "Distortion", e nulla che non abbiamo già ascoltato, ma ci sono soprattutto una grande capacità interpretativa ed esecutiva e un'immediatezza che potrebbe davvero fare di Maria Lessing, Manuel Kohlert (chitarra), Johannes Frenzel (batteria) un vessillo di punta del metal melodico attuale.
26/09/2024