Ha perso oltre venti milioni di ascoltatori su Spotify in meno di un anno, sfumando tutto l'effetto virale conquistato con l'Ep "Like..?", una caduta accelerata dalla scarsa ricezione che sta ricevendo anche questo caldeggiato debutto "Y2K!". I motivi di tale declino possono apparire del tutto incongrui all'ascoltatore casuale, inclusa una vacua e presto dimenticata faida con la collega Nicki Minaj. Ma la narrativa è chiara: Isis Naija Gaston, in arte Ice Spice, sta facendo fatica a rimontare sul carrozzone dell'attualità, quel che era nato come un esilarante meme tutto chiappe e riccioli sembra aver già fatto il proprio corso.
Per comprendere la questione un po' più a fondo, possiamo comunque osservare la cornice entro la quale s'inserisce il fenomeno-Ice Spice, ovvero quel rifrullo di appiccicose attenzioni chiamato pussy rap. Ricordate Lil Kim e Foxy Brown negli anni Novanta? Sembravano così esplicite, eppure i loro lavori erano costruiti con produzioni stellari e flow assassini. Ma l'era social ha velocizzato i tempi e dimezzato il talento richiesto; dopo l'exploit di Cardi B da spogliarellista a superstar, sono arrivate di corsa le due City Girls di JT e Yung Miami, e poi Flo Milli, GloRilla e Sukihana (lei davvero un nome un programma), oltre all'immancabile quota queer di Saucy Santana e la scabrosa e onestamente problematica Ceechynaa da Londra. Ma soprattutto questi sono i mesi di Sexyy Red, che sul micidiale refrain di "Pound Town" ci ha gentilmente ricordato i colori dei propri orifizi: "la figa rosa e il culo marrone". Come competere contro tale poetica ispirazione? Male, perché Ice Spice aveva già calato le braghe sin dai primi singoli, difficile continuare a ridere con lei una volta svanito l'effetto sorpresa.
Ci sarebbe poi un altro scomodo fattore da considerare, per dirla alla Rossini "un venticello, un'auretta assai gentile" che sta prendendo una piega un po' troppo solida: con "Think U The Shit (Fart)", Ice Spice è tornata a reiterare sul tema della cacca, restringendo la ricca terminologia della parola "shit" verso il suo significato più letterale possibile - la YouTuber BOZE vs. the WORLD ha collezionato tutte le liriche sparse lungo l'intera discografia, illustrando un trend non tanto insolente quanto ormai prossimo alla scatologia da OnlyFans. Peccato, perché "Think U The Shit (Fart)" sarebbe comunque un singolo efficace nella propria sorda stupidità, anche grazie a un'ironica interpolazione della mitica "Material Girl" del sopracitato Santana.
Ma il problema persiste: una volta scovati quei due trucchetti in croce, cosa rimane di "Y2K!"? Eccola ineggiare al proprio "Phat Butt" via "BB Belt" come da copertina, poi con le mutandine di fuori su "Oh Shhh..." e in versione ansimante con "Bitch I'm Packin'". Ha fatto discutere la finta liason con Central Cee sugellata sull'altro singolo "Did It First", una connessione britannica che fornisce la base più frizzante dell'intera collezione.
Ma pezzi quali "Popa" e "Plenty Sun" sono noiosi, il solo rappato offre pochi spunti d'interesse. Meglio quando, sopra un sample di Sean Paul su "Gimmie A Light", Ice Spice dispensa finalmente un po' di sana caciara da club, prima di chiudere l'ascolto-lampo dell'intero album (appena ventitré minuti in totale) con l'altra rauca abbaiata di "TTYL".
Chi potrebbe uscire vincitore da questa storia è RiotUSA, produttore dell'intero lavoro che segue Ice Spice sin dagli esordi. Se c'è una cosa che funziona bene su "Y2K!", infatti, sono proprio le basi, una serie di accattivanti ossature drill asciutte e nervose, talvolta sfrigolanti come trap industriale, poi angoscianti come techno inacidita e bass all'avanguardia - non a caso, un primo momento di esposizione al grande pubblico per Ice Spice era avvenuto con un remix dell'abile beatmaker PinkPantheress.
Ma sul resto, "Y2K!" soffre di forte ripetitività tematica e un flow da parte dell'autrice certo chiaro per gli standard contemporanei, ma troppo monocorde per poter durare oltre una stagione. Continuando su tali coordinante senza offrire evidenti spunti di crescita, Ice Spice rischia insomma di finire come un meme ermeticamente sigillato negli archivi di TikTok, dove tutto si era originato. Non che questo cambi le procedure nell'industria dell'hip-hop, il pussy rap continuerà imperterrito a richiedere interpreti sempre più sboccate e pornografiche, forse un giorno guarderemo indietro a Ice Spice, a Sexyy Red e al resto della ciurma con affetto e nostalgia. Ma per adesso, tutti sul bidet.
12/08/2024