La cantautrice canadese Jennifer Castle torna a scandire lo scorrere del tempo con le sue avvolgenti melodie country-folk. All'austero e introspettivo album "Monarch Season", pubblicato durante il lockdown, fa seguito la più ricca ed elaborata raccolta di canzoni di "Camelot".
Il quinto capitolo della saga prende a prestito l'immaginario di Re Artù e della sua corte per un disco che resta sospeso tra sogno e realtà. Alle scarne e minimali composizioni degli esordi l'autrice ha avvicendato un arioso chamber-folk che, pur conservando il pregevole tocco artigianale della scrittura, libera un'energia e un'empatia finora tenute a freno, aiutata anche da amici e collaboratori che contribuiscono a svincolare ulteriormente la musica di Jennifer Castle dalla prevedibilità di molte opere coeve.
Ad anticipare la rivoluzione creativa di "Camelot" è stata l'inattesa presenza del brano "Blowing Kisses" come colonna sonora di un episodio di "The Bear" (una serie tv incentrata sulle vicende comico/drammatiche di un giovane chef che torna nella città natia per gestire una paninoteca), le sensuali note di soul e il pregevole fraseggio pianistico hanno ridestato la magia di quella canzone d'autore americana che ha come punti di riferimento l'anima soul-blues di Carole King e il disincanto poetico di Randy Newman.
A questa magica sinergia spetta l'onore delle armi, introducendo l'album con l'altrettanto nobile title track, una meravigliosa ballata in stile West Coast che in meno di quattro minuti rispolvera la magia del sogno americano. L'autrice ha trovato l'equilibrio giusto per far sentire la propria voce e per alzare i toni senza perdere di vista quell'integrità spirituale e artistica che ne ha contrassegnato la carriera. Le vibrazioni quasi jangle-pop di "Lucky#8", offerte dalla 12 corde di Cass McCombs, sono sia fisiche che mentali, il vortice quasi psych-folk sprigionato in soli 4 minuti e 28 secondi è in tal senso esemplare.
Con "Camelot", Castle lancia una sfida all'industria discografica, mai così vivace e spudorata come nel mix di boogie e r&b di "Full Moon In Leo", con Stuart Bogie al sax, mai così spavalda e moderna come nella ballata synth-country "Mary Miracle". L'artista mette insieme sentimento e cinismo, gioia e malinconia, sangue e lacrime, ed è un meraviglioso affresco di situazioni ambigue raccontate con il piglio di un malizioso menestrello d'altri tempi.
Anche le pagine più delicate scorrono con inatteso brio ("Trust", "Fractal Canyon"), con lievi tinte jazz-noir a rinforzarne i contorni ("Louis") e commoventi accordi di chitarra che sembrano rubati al Neil Young di "Harvest" ("Earthsong"). "Camelot" è anche un ricco campionario di autentica e colta poesia. I testi sono inebrianti e toccanti al pari delle suadenti intuizioni melodiche.
Ci sono tanta vita e tanto mistero, nelle canzoni di Jennifer Castle, e anche se l'ultimo album dell'artista canadese è giunto fuori tempo massimo per essere incluso nelle liste di fine anno, sono sicuro che vi conquisterà fino a diventare colonna sonora di questi primi giorni del 2025.
13/01/2025