Messo da parte momentaneamente il progetto Film 2, Jonas Albrecht affronta la prova concettualmente più ardua. Dopo le originali variazioni sul tema drone-music/kraut/psych di "Sorge" (ultimo progetto sotto il nome Film 2), il musicista svizzero si immerge in una possente trance ritmica che per lui rappresenta una vera e propria pratica medicamentosa. Il titolo dell'album - Non urlarmi così, sono in trance baby - non lascia dubbi: queste quattro composizioni per percussioni e affini hanno una valenza taumaturgica e spirituale.
Nulla di nuovo? Forse, ma l'energia e lo stato ipnotico che creano questi quaranta minuti di immersione nel ritmo sono di rara potenza. La fisicità e la ripetitività sfibrano il corpo ma rinvigoriscono l'anima.
Tribali e in parte oscure ("Leib"), grevi e perfino minacciose, ricche di richiami all'occulto ("Lack"), le liberatorie danze tribal-post-industrial messe in scena dal musicista svizzero hanno il fascino seducente del situazionismo. Tom-tom e rullanti si destreggiano tra grezzi tessuti percussivi che celebrano un immaginario rito nuziale tra Africa e Asia ("Liecht"), lasciando ai synth e alle voci le nuance psichedeliche e pastose di un'estatica trance.
"Schrei Mich Nicht So An Ich Bin In Trance Baby" è un ascolto soddisfacente anche nel suo formato puramente discografico. Un album che cattura un equilibrio espressivo e creativo dove smarrimento emotivo e dinamiche artistiche creano nuove forme di emancipazione e bellezza, perfettamente racchiuse negli abbondanti tredici minuti di "Lust" in cui il musicista libera canti ancestrali, sonorità cosmic-noise e inquiete trame percussive per un'estasi ascetica e fisica di rara efficacia.
19/07/2024