Non soltanto un vitale e indispensabile polmone verde per una delle città più dense e popolate della terra, Chapultepec ("la collina dei grilli" in lingua nahuatl) è una preziosa testimonianza storica di vita e cultura pre-colombiana (toltechi, tepanechi e aztechi hanno abitato nella zona), luogo che ha vissuto in prima linea i cambiamenti e le evoluzioni della società messicana nel corso dei secoli. Alle sue propaggini è sorta una quindicina d'anni fa la Naafi, etichetta che della diffusione della ricchissima scena messicana ha fatto la sua bandiera, per poi allargare la sua missione abbracciando l'intera America Latina e scritturando dj e producer da tutto il mondo, nell'ottica di un rilancio di suoni autoctoni e di un ribaltamento dei codici club comunemente accettati. È un compito che l'etichetta condivide assieme ad altre che nell'ultimo decennio hanno ridefinito i linguaggi dance ed elettronici mondiali (Non, Nyege Nyege, Svbkvlt), e che vede nella figura di Lauro Robles, meglio conosciuto come Lao, uno dei suoi principali propugnatori. Co-fondatore dell'etichetta e sulle scene da una ventina di anni, arriva soltanto nel 2024 all'album d'esordio, con un disco-fiume sì dedicato al parco di Città del Messico e alla sua lunghissima storia, ma che allo stesso tempo considera il paese intero, un pot-pourri di influssi e attinenze che fa di "Chapultepec" un'esperienza elettronica centrifuga, tanto ricca quanto tortuosa. Di brano in brano, l'area verde prende forma davanti a noi.
In oltre ottanta minuti, spalmati su diciannove brani, è più che comprensibile che la varietà interna dell'album sia fuori scala: lo stesso producer non ne fa mistero, lasciando che nel suo album confluiscano le prospettive più disparate, tante quante hanno gravitato da Chapultepec nel corso dei secoli, in una miscela di antico e contemporaneo, nativo e futuribile, senza trascurare le ferite del passato coloniale. Tale vastità di direttrici si presenta anche nel microcosmo dei singoli brani, un caos urbano da affidare alle più diverse costruzioni ritmiche, sotto l'influsso di una nebbiosa coltre umorale.
Tra le evocazioni cumbia di Elysia Crampton e le decostruzioni dembow di Kelman Duran, l'iniziale "Axolotl" è già un manifesto, la dimostrazione di uno stile ricombinante, capace di partire da elementi riconoscibili e trasportarli verso un altrove non sempre ben specificato. È così che si sviluppano brani come "Umbral", in cui battiti percussivi di stampo folk si inseriscono in uno sferzante motivo conteso da bassi tenebrosi, break ricorsivi e acide tangenti synth, o la glaciale "Ha hypno", che trasforma in elementi ritmici due fulminanti campioni vocali presi da chissà quale evento ballroom.
Altrove i riferimenti si fanno ancora più tangibili, richiamano il complesso ecosistema di Chapultepec, la sfrenata danza della vita colta in tutto il suo rigoglio: dal frinire dei grilli, trattato come cantilena sintetica sotto alla lenta progressione jungle della title track, ai flussi acquosi che sottintendono "Manantial", il parco stesso si racconta nei suoi cicli e nei suoi ambienti, diventa parte integrante di una storia che precorre e anticipa l'intervento umano.
Non che l'uomo e le sue mitologie non abbiano qui il loro posto, viene anzi riservato ampio spazio a descrivere l'entrata agli inferi dei toltechi, con tanto di grandiose aperture techno ("Cincalco"), si palesa il passato del Messico come Vicereame della Nuova Spagna in un lussureggiante paradiso ornitologico, per quanto spezzato da nervosi commenti sintetici ("Virreyes"), si avverte ovattata l'ansia della metropoli contemporanea, che circonda Chapultepec con i suoi affanni e i suoi dolori (il minimalismo elettrico di "En dónde estamos").
Sta al talento e all'abilità concettuale di Robles riuscire a inserire un simile marcocosmo di spunti e stimoli in un affresco sì vasto, nondimeno sempre leggibile. Nel trarre forza dalla sua città e da uno dei suoi simboli principali, Lao compie un'operazione che si spinge oltre il tributo, mostrando tutto il proprio spirito e la propria abilità elaborativa: una prospettiva singolare e per questo ancor più avvincente.
18/09/2024