"Choices", ovvero scelte. Quelle che i Linda Collins hanno intrapreso per il loro nuovo album, intitolato appunto "Choices", appaiono di certo chiare fin da subito e orientate a una melanconia post-rock non di certo inedita nel loro canzoniere, eppure assolutamente ancora vibrante di vita, per quanto nostalgiche e talvolta crepuscolari restino le melodie di un disco da dieci canzoni che collegano idealmente la Virginia più desolata (e desolante) dell’eternamente rimpianto Mark Linkous alle langhe piemontesi.
Al trio composto da Alberto Garbero, Massimiliano Esposito e Vincenzo Morreale si aggiungono a questo giro Federico Babbo, Michele Sarda, Benedetta Sotgiu e Ramon Moro. Interventi che impreziosiscono una ricetta in apparenza scarna ma densa di sfumature, che siano tratteggiate da fiati o pelli, poi, dipende dal momento.
La band che omaggia nel proprio nome Michael Collins, l'astronauta statunitense rimasto da solo in orbita durante la missione Apollo 13 con lo scopo di recuperare e portare a casa Neil Armstrong e Buzz Aldrin, con "Choices" è partita quindi per un nuovo viaggio. Un itinerario in cui si incontrano ballate in vaga scia trip-hop come "Sunbeams", con il canto angelico di Benedetta Sotgiu che introduce un sentimento a metà tra perdizione e sogno. Stesso dicasi di "A Lonely Planet", nomen omen di uno sguardo e cifra di un passo mesto adornato dal basso post-punk in delicato appoggio.
"Black Roses" è invece cantata da Michele Sarda, tra gocce che sembrano battere il fondo di un tunnel immaginario mentre emulano il metronomo dell'ennesima ballata cupa, tra corse verso la luce e risalite dal fondo del burrone. Tutto il disco è in fondo calibrato su umori simili. Ne è prova tanto il battito electro-indie di "Kingdom", quanto il folk pastorale da viandante smarrito di "A Promise".
Tra un gioco di luci e ombre trasognato quanto basta per affondare la testa sul cuscino ed evocare gli anni migliori dell'indie-rock americano dei Duemila, i dieci brani di "Choices" emergono soavi da uno stagno di emozioni forti, per quanto costellate da un clima di estrema mestizia, eccezion fatta per le luci accese da una calda fisarmonica in "Black Roses #2". Un album, peraltro, oggi coraggiosissimo, se si pensa al genere adottato e alla profondità delle trame, semplici di fatto solo in apparenza. Promossi, dunque, ancora una volta.
14/11/2024