Già fattasi ampiamente notare col suo esordio “A Call From My Dream”, disco che metteva in luce una sensibilità autoriale già formata e una spiccata inclinazione per un melodismo folk dal lieve tocco onirico, Kim Jimin ci ha messo poco a diventare uno dei nomi di punta dell'indie coreano, tanto da vincere il premio di esordiente dell'anno ai Korean Music Awards e assurgere presto a cantautrice simbolo della scena. Un'ascesa sensazionale, in un panorama tutt'altro che privo di musiciste di livello (Della Zyr, Yaya Kim, Yerin Baek, Hwang Soyoon ecc.), in cui ha saputo entrare con grinta e decisione, forte di un linguaggio pienamente consapevole. Quattro anni dopo, “Angel Interview” ribadisce la grazia di una penna sempre a suo agio col lato più arioso e soave del cantautorato folk, però accosta ad esso un variegato programma che spazia dallo shoegaze al nu-metal (!), senza dimenticare interessanti capatine attraverso il rap e l'elettronica da dancefloor. Troppa carne al fuoco? Piuttosto, tanto in cui immergersi.
Come pronosticabile, l'evoluzione del progetto Meaningful Stone passa attraverso un recupero in grande stile degli anni Novanta, celebrati in una personale lettera d'amore che spazia dalla storica scena indipendente di Hongdae ai concept massimalisti degli Smashing Pumpkins, dagli spunti archetipici del primo k-pop a una pregnanza autoriale in linea col carattere folk del periodo. Sopra una penna che mantiene intatto il dato serafico, più disteso della sua espressività (fatto che si palesa chiaramente già dall'abbrivio di “Supernova”) l'autrice imposta gentili bordate di feedback (“Mikael”, un pezzo che la ultima Hatchie amerebbe), infittisce gli arrangiamenti, scova una grinta rock ben spendibile ad amplissimo spettro. Il candore di melodie perfettamente funzionali anche in una veste acustica si illuminano grazie a un prisma sonoro che diffonde a frequenze insolite, che sia la pensosità slow di un numero quale “I Open The Window Instead Of The Closed Door” oppure il commovente carattere nu-gaze di “Red Car”, sorretta da un brillante apparato percussivo.
In questa vibrante apertura al rumore e alla potenza i due apparenti outlier della scaletta quali “Esc”, numero rap-metal che modernizza la lezione di Seo Taiji & Boys (altezza secondo-terzo album), o il tagliente beat acid-techno della conclusiva “_()_” testimoniano piuttosto l'ampiezza di riferimenti, il pieno possesso di mezzi dimostrato da Kim, capace di integrare all'interno della sua mescola espressiva le più disparate tendenze, senza perderne in compattezza o temperamento. Prova del secondo difficile album superata senza particolari patemi, insomma: con una tempra d'acciaio rivestita di seta e velluto, Meaningful Stone avanza ipotesi eccitanti per il suo prosieguo, cementando una considerazione che sin da subito pareva ben riposta. L'intervista agli angeli non poteva essere condotta con maggiore convincimento.
08/01/2025