In musica, come nella vita, abbiamo pochissime certezze. Una di queste è Peter Garrett, il gigante australiano dall'animo buono che ha speso un'intera esistenza in battaglia, dentro e fuori dal palco. Ciò che rende così speciale il suo operato è che porta sempre con sé un messaggio chiaro, forte e coerente, come d'altronde costantemente accaduto in questi cinquanta anni e passa di carriera. Aveva iniziato nel 1972 con i Farm, poi ribattezzatisi Midnight Oil, alla guida dei quali ha raggiunto una grande notorietà soprattutto tra la seconda metà degli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta grazie a “Diesel And Dust”, “Blue Sky Mining” e “Earth Sun And Moon”, gli Lp di maggior successo della band che nel 2022, in concomitanza con l'uscita di “Resist”, ha ufficialmente dichiarato conclusa la propria avventura. A quanto pare, però, il buon Pete non ne vuol sapere di deporre le armi. Ci avremmo giurato, e infatti a due anni da quell'annuncio è tornato più agguerrito che mai con “The True North”.
Prodotto da Tony Buchen, è il suo secondo lavoro solista dopo “A Version Of Now” del 2016 ed è stato registrato assieme agli Alter Egos, nuova formazione che da qualche mese lo spalleggia e tra le cui fila militano Rowan Lane al basso, Heather Shannon dei Jezabels alle tastiere, Evan Mannell alla batteria e il fido ex-braccio destro negli Oils Martin Rotsey alla chitarra, mentre alle backing vocals ci sono le due figlie May e Grace Garrett (quest'ultima è autrice anche dell'immagine di copertina). Da sempre in prima fila nelle lotte per i diritti di aborigeni e senzatetto, disarmo nucleare, tutela del clima, energie rinnovabili e salvaguardia del territorio, in tutto questo tempo il cantante, oggi settantenne e in splendida forma, ha condotto in parallelo anche una vivace attività politica come parlamentare, ministro dell'Ambiente e ministro dell'Istruzione del suo paese, oltre a ricoprire due mandati come presidente dell'Australian Conservation Foundation e diverse cariche all'interno di vari enti no profit che lo hanno reso un punto di riferimento, ad esempio, nelle campagne contro la caccia alle balene in Antartide e Giappone o in quelle di riforestazione e costruzione di parchi nazionali. Insomma, più che un musicista un missionario, e inevitabilmente molte di queste cause sopravvivono nei testi delle sue canzoni. “The True North” non si sottrae alla regola e sin dalle note iniziali si configura come l'ennesimo, vigoroso invito ad agire.
Weary of heart and mind? Not IIt's the innocents fate, I'm willing to obligeand repeat again and again and again and again and again and againIt's never too late
(“Innocence Part Two”)
“Innocence Parts 1 & 2”, pubblicato come singolo nello scorso ottobre, è un piccolo capolavoro per profondità lirica e struttura compositiva, una sorta di conta delle vittime dove giornalisti sghignazzanti, ecocidi, terroristi del clima, sceicchi e presidenti vanno affossando i comuni mortali, crocifissi “sull'altare della teocrazia finanziaria”. Come si può facilmente evincere dal titolo, il brano (di oltre sette minuti) è diviso in due parti, la prima delle quali si configura come un pop-rock monitorio ed energico, ammorbidito dal violoncello della collega di origine danese Freya Schack-Arnott, mentre la seconda si scioglie in un emozionante monologo che sa di testamento spirituale ma anche di promessa per il futuro: “Stanco nel cuore e nella mente, non io/ è il destino dell' innocente/ sono disposto a compierlo/ e a ripetere ancora, e ancora, e ancora, e ancora, e ancora, e ancora che non è mai troppo tardi”.
La title track è una ballata quieta e meditativa che trae spunto dall'osservazione dei paesaggi delle regioni settentrionali dell'Australia, sopra il Tropico del Capricorno, e delle isole dello Stretto di Torres, dove sono confinate le riserve indigene consistenti, ma il “vero nord” è anche la direzione verso cui punta l'ago della nostra bussola interiore, orientata in modo da esser sicuri che il nostro passaggio su questa terra non sia stato vano, come a dire “siamo esseri preziosi, dobbiamo prenderci cura di noi stessi e di ciò che ci circonda”.
Il secondo brano in scaletta “Paddo” è un hip-hop sarcastico su brillanti linee di basso e schitarrate heavy che sbeffeggia i valori vacui del quartiere degli affari e dei centri commerciali della suburbia a est di Sydney (Paddington, appunto), mentre “Hey Archetype” (scandita da pedal steel e armonica) e Currowan (anch'essa di stile country, prende il nome da un fiume del New South Wales) sentenziano “dobbiamo dire la verità/ dobbiamo affrontare i fatti/ nessun premio nell'aldilà/ nessuna copertura di quelle crepe”. Garrett sa smuovere le coscienze, di abbattere le barriere e creare nell'ascoltatore un senso di immedesimazione tramite rime di rabbia e sconforto ma mai rassegnazione: se “Meltdown” non vuole darla vinta ai “pagliacci di destra” e la melodiosa “Permaglow” deplora il rimbambimento da social media (“non è detto che George Orwell avesse ragione/ abbiamo dovuto aspettare finché il cappio non fosse più stretto”), la corale “Human Playground” - scritta dalla cantautrice conterranea Ainslie Wills - ci ricorda invece che c'è sempre una possibilità, visto che “le impronte del passato sono l'inizio di qualcosa di nuovo”. Ottima anche l'altra ballad “Everybody”, che tra spazzolate di rullante e dolci accordi di pianoforte chiude l'album con un punto di domanda: “Avrei potuto o dovuto fare di più?”.
Noi crediamo che con queste nove canzoni, e più in generale con il suo esempio, Peter Garrett abbia già fatto abbastanza. Speriamo che continui così ancora, e ancora, e ancora, e ancora...
06/04/2024