Che Raye stia vivendo un momento esagerato non è certo un segreto - la vittoria di ben sei Brit Awards in una sola serata l'ha confermata voce femminile di spicco dell'attuale panorama anglosassone. Ma la giovane londinese non è certo l'ultima miracolata dell'industria discografica, anzi, ha alle spalle anni di dura gavetta, e adesso, da artista indipendente, si sta prendendo tutte le rivincite disponibili, inclusa quella di scorrazzare entusiasta sui palcoscenici più prestigiosi del mondo, accompagnata da una tuonante band come fatto anche all'Umbria Jazz qualche mese fa. Perché Raye straripa di personalità da tutti i pori ed è a proprio agio tanto col funk e il blues quanto con l'r&b e l'hip-hop, il soul e la dance.
Se su album i risultati possono essere bizzarri - vedasi il debutto "My 21st Century Blues" - sul palco questa caotica versatilità è l'arma vincente da impugnare per trascinare la platea attraverso un vertiginoso saliscendi di lacrime, sorrisi e acuti di petto.
Ecco dunque una Diva d'antan attorniata da ruggenti stuoli di ottoni come l'indimenticata Amy Winehouse, pur sempre moderna, verace e disperata come la prima Paloma Faith, ma mai al di sopra del proprio pubblico, che anzi ama intrattenere con innata simpatia, come fa la chiacchierona Adele durante i suoi altrimenti seriosi concerti. Ingredienti semplici, ma efficaci: lungo sette brani per tre quarti d'ora di durata, "Live At Montreux Jazz Festival" ci mostra una popstar follemente innamorata del proprio mestiere.
Ma questo concerto vede una stampa su disco anche per motivi personali, dal momento che la famiglia di Raye ha radici proprio in Svizzera - l'uomo raffigurato assieme a lei in copertina è suo nonno Hans, che qui ha assistito per la prima a uno show della nipote.
Anche per questo, Raye arriva sul palco carica come una molla sulle note di "The Thrill Is Gone", marciando con energia sul brano jump-blues più accattivante del repertorio, salvo poi donarsi con trasporto sulla leggiadra "Worth It". Ma è sui quasi otto minuti di "Mary Jane" che l'autrice comanda la band, dividendosi equamente tra torbidi languori western, saluti alla famiglia e al pubblico senza mai perdere il filo del discorso. Sempre emozionante la ballata "Ice Cream Man", brano intimo e doloroso, interpretato a filo di lacrime con voce gonfia ma perentoria per rimarcare la volontà di non sottostare mai più a certe situazioni.
Viene presentato anche il nuovo singolo "Genesis", ambiziosa suite progressiva che ancora una volta mostra la volontà dell'autrice di acchiappare un po' di tutto, dal funk all'hip-hop.
Ci si avvia verso la conclusione con l'immancabile cover di turno, affidata a "It's A Man's Man's Man's World" di James Brown - scelta magari scontata, ma interpretata con disperatissima passione. Il gran finale viene assegnato ovviamente a "Escapism", la sua grande hit rauca e concitata, con la band che pesta duro mentre l'autrice dà fondo a tutta l'energia che le è rimasta in corpo - lungo oltre dieci minuti di esibizione, ha anche modo di presentare i musicisti che l'hanno accompagnata in questo tiratissimo set.
Ascolto vivace e appassionante, snello e conciso, "Live At Montreux Jazz Festival" porta a galla le intrinsiche qualità di Raye come musicista, autrice e interprete, raffinandone l'essenza soprattutto per quel pubblico rock che magari non era ancora riuscito a inquadrarne bene l'operato fino a oggi. Avrà avuto anche lei la benedizione di TikTok, ma Raye adesso è sulla strada giusta per farsi un profilo qualitativamente solido e con questa esibizione dimostra di avere tutto il necessario per fare il grande salto. Speriamo, col prossimo album, di assistere al definitivo avvento di una nuova star internazionale - tra tutte le colleghe inglesi, attualmente, Raye è la più simpatica, spigliata e talentuosa.
20/09/2024