Che pop & gossip vadano a nozze non è certo un segreto, ma talvolta il secondo può prendere il sopravvento sul primo e creare solo danni. Impossibile scappare: non esiste altra narrativa attorno a Shawn Mendes se non le speculazioni sul suo orientamento sessuale, un chiacchiericcio morboso e invadente ma totalmente assordante, corredato da una formidabile sequenza di meme e malignità assortite. Mentre personaggi come Harry Styles e Tyler, The Creator riescono a navigare la propria ambiguità dirottando tutto sulla musica con enorme successo, Shawn è rimasto intrappolato dentro a questo presunto segreto, incapace di costruirsi un profilo genuino abbastanza da convincere il pubblico a godersi le sole canzoni - situazione già esasperata, ai tempi di "In Wonder", dal breve fidanzamento con Camila Cabello, trattato dal pubblico con la stessa ilarità che accompagnò il matrimonio di Elton John con Renate Blaulel nel 1984. D'altro canto in Rete non esistono decoro né buon senso, la fame di dramma regna sovrana, e nonostante un passato discografico di buon successo, almeno di là dall'oceano, pochi si stanno davvero interessando ai contenuti di questo "Shawn".
Certo, Mendes è sempre stato un classico cantautore pop e sulla carta una svolta country non sarebbe così esosa, soprattutto adesso che il genere è tornato di moda in America - al momento dell'uscita di questo album, "A Bar Song (Tipsy)" di Shaboozey ha completato una storica permanenza di 17 settimane in vetta a Billboard. Ma se il country può essere un genere tutto sommato facile da ricreare, ben altro canto è infondervi dentro quel tanto d'anima che lo renda sentito e genuino. Ed è qui che Shawn perde l'occasione di trascendere il pubblico scrutinìo, tramite una serie di canzoni pulite e ordinate, talvolta arrangiate egregiamente (il piglio cameristico di "That's The Dream", le esangui inflessioni gospel di "Nobody Knows"), ma anche generiche e impressionistiche, sulla scia di Lumineers, Fun e Of Monsters And Men.
"Who I Am", per esempio, racconta di un'irrisolta confusione interiore, "Heavy" di notti insonni passate "scappando da tutto, scappando da nulla", il singolo "Why Why Why" semmai anela un respiro potenzialmente universale, ma "Isn't That Enough" torna a defletterne le attenzioni, senza però prendere in considerazione il fatto che è lo stesso Shawn ad aver scelto una professione così pubblica.
Spetta al fingerpicking di "The Mountain" fornire l'onesto autoritratto di un ventiseienne ancora alla ricerca di sé stesso, il che non è necessariamente un male, ma per un quinto album di studio presentatoci come il più personale, l'impressione è che ci sia ancora molto da elaborare, soprattutto quando si vuol rincorrere l'ispirazione di un certo "O".
A soli trenta minuti di durata, il lavoro scorre comunque bene, consegnando anche qualche ritratto altrui - la toccante "Heart Of Gold", dedicata a un vecchio amico scomparso, e gli intimi ricordi di coppia di "That'll Be The Day" e "In Between". Davvero basilare, però, il canto da bordo falò di "Rollin' Right Along", e c'era davvero bisogno di un'ennesima versione di "Hallelujah"?
Con voce sottile e chitarra a tracolla, attorniato da un immaginario visivo solare e campestre, Shawn Mendes si allontana dal rumore metropolitano in cerca di una dimensione più a misura d'uomo, anche se ancora non è ben chiaro chi si nasconda dietro quel non-proprio-timido sorriso da fotomodello. La speranza è che un giorno, a tale collaudata e rassicurante formula, si aggiungano quel tanto di unghielli in grado di farne un cantautore degno di tal nome. Indipendentemente da chi si vorrà portare a letto.
25/11/2024