Strano affare, i dischi postumi. Posti sul sottile crinale che separa il tributo dallo sfruttamento, è più facile che vertano verso quest'ultimo, che siano una rapida quanto sciatta operazione spremisoldi, piuttosto che un sincero tributo al lascito e all'opera dell'artista preso in considerazione. Certo, non mancano gli strappi alla regola (ogni riferimento a "Calling Out Of Context" è pienamente giustificato), ma quello restano, strappi che poco possono contro una massa di pubblicazioni dallo scarso valore artistico. All'annuncio della prossima uscita di "SOPHIE" lo scorso giugno era insomma tanta la paura che si trattasse di un vuoto cash-grab e poco più. Sono poi emersi maggiori dettagli, il coinvolgimento del fratello Benny Long come curatore e produttore di pezzi già avviati verso gli ultimi ritocchi, e la pubblicazione assume una prospettiva ben più giustificata.
Quello che nelle intenzioni doveva essere il terzo album della producer tragicamente scomparsa tre anni e mezzo fa, si presenta adesso come un testamento, una lunga dedica fraterna a un'artista troncata al culmine della sua creatività, poetessa elettronica le cui intuizioni per il futuro giungono però attutite, private del disegno definitivo con cui le avrebbe condivise con il proprio pubblico. Anche così restano evidenti i segni della creatività di una delle più grandi visionarie dell'ultimo ventennio.
Conviene leggersi l'intervista che Benny Long ha rilasciato a Paper, rivela tanti aspetti interessanti per meglio comprendere il processo di sviluppo e produzione di "SOPHIE". Chiarisce meglio lo stakanovismo della sorella, l'incessante lavoro di manipolazione ed editing dei pezzi, il costante cambio nella scaletta dell'album, a tal punto che la versione adesso proposta avrebbe forse in futuro potuto subire ulteriori variazioni. La conversazione rivela soprattutto il dolore e l'amore che il fratello, stretto collaboratore di Xeon sin dai suoi esordi, provava per la producer, la maturazione che lui stesso ha subito nel lavorare ai progetti della sorella, la prima che avrebbe voluto che tutta questa fatica non rimanesse chiusa negli archivi.
Si arriva quindi solo adesso ad avere tra le mani il disco, strutturato come complessa electro-opera in quattro atti, un party alieno capace di muoversi tra il terreno e il metafisico, l'euforia e lo sconforto, un nuovo compendio transumanista in cui SOPHIE si lascia attorniare dai collaboratori, amici e partner che l'hanno accompagnata lungo tutto il suo percorso creativo. La genialità che ha animato le precedenti prova resta, però, soltanto in filigrana.
Già lo stanno scrivendo in parecchi, anche qui si concorda nel dire che l'intero album, per essere il seguito di una delle opere definitive degli anni Dieci, sorprende nel non essere per niente sorprendente. Non che questo sia necessariamente un male, poco aiuta però nel sostegno di un'impalcatura compositiva che fluisce in una sorta di dolce-amaro omaggio alla carriera di SOPHIE e a quarant'anni di club-culture, per quanto trattati sempre con quel tocco di "aspra gommosità" che sin da "Product" si divertiva a ribaltare ogni semantica pop comunemente accettata.
Ora che però l'intero sistema ha fatto proprie queste intuizioni, digerendole al punto da farle diventare mainstream, un disco come questo viaggia spesso su un usato sicuro che ne appiattisce i risultati verso una sicura quanto sconcertante medietà. Il secondo quartetto è esemplificativo di tale risultato. Sorta di omaggio alla sua amata comunità trans, dotato di un sequenziamento che lo avvicina ai suoi celebri dj-set, si divincola però tra stanchi ostinati pop, palleggianti su risapute superfici di lattice ("Reason Why", rimasticamento trap della prima estetica Pc-music), cristallini beat bubblegum (il dancefloor ossessivo di "Live In My Truth"), ripetitive cornici hyper ("Why Lies" e i suoi sparsi riferimenti freestyle), prima di chiudersi in un confuso spoken-word tech-house che pare quasi una drammatizzazione fuori tempo massimo di "Lemonade" ("Do You Wanna Be Alive?").
Non troppo più convincenti sono gli altri quartetti. Il primo gioca su una polarizzazione tra glaciali perlustrazioni ambient (l'introduzione, cavernosa al confine col doom; "The Dome's Protection", lungo viaggio siderale con Nina Kraviz nei panni di impassibile narratrice sci-fi) e bizzarre sviate post-club ("Rawwwwww", a conti fatti una claudicante versione über-minimale di "Ponyboy"; le sferragliate nervose di "Plunging Asymptote"), nella sostanza dividendo perfettamente a metà quel binomio che aveva invece trovato piena identità negli universi possibili di "Whole New World/ Pretend World".
In maniera analoga il terzo ci trasporta nei brulicanti club di Berlino, al netto però di alcune buone intuizioni timbriche (il lavoro di contrappunto nella seconda metà di "Elegance") l'approccio di base porta a un'ossessione technoide fin troppo oltranzista, tra martellanti visioni dark ("Berlin Nightmare") e squillanti cortocircuiti elettrici ("Gallop"). Meglio fa l'ultimo tassello, una quaterna che già dai titoli lascia trasparire una tangibile tenerezza di fondo, legata a quell'esuberanza di cui Xeon è sempre stata grandiosa interprete.
Canzoni dalla compatta costruzione pop indicano il palese impatto della producer nei linguaggi contemporanei, anche e soprattutto a favore di più lineari appoggi melodici; caramelle sintetiche come "Always And Forever" e pattern d'atmosfera (l'electro dissimulata di "My Forever") parlano di una produttrice sempre a suo agio nel condurre la propria cifra stilistica verso territori più morbidi, comunque densi di significato.
Occorre specificarlo di nuovo, è impossibile conoscere quanto di quello che si può ascoltare in questo album esprima pienamente l'intento di SOPHIE. Chissà se alcuni dei brani avrebbero visto la luce o sarebbero stati sostituiti da nuovi. Chissà se ci sarebbe stato un tocco finale, una magia che avrebbe stravolto il risultato definitivo. Al netto della commozione insita nel poter ascoltare nuovo materiale, resta forte il rammarico di non poter avere un riscontro dalla diretta interessata. Purtroppo è andata così, e non vi è brano, disco "incompiuto" che possa metterne in discussione il lascito. Rest softly, poet!
30/09/2024