Three Trapped Tigers

Live At Arctangent

2024 (Big Scary Monsters)
math-rock, elettronica

Nati diciassette anni fa, con due soli album e una manciata di Ep, i britannici Three Trapped Tigers hanno segnato il corso del nuovo math-rock. Dopo un lungo iato che ha visto i componenti contribuire a progetti estremamente creativi e diversificati (Melt Yourself Down, Shobaleader One, Heritage Orchestra, il wonky jazz dell'altro mondo di "Æ" di Anton Eger), lo scorso novembre il gruppo ha annunciato per il 2024 il suo ultimo tour dal vivo, che avrebbe toccato il festival Arctangent nel Somerset, Mecca di ogni cosa math/prog/djent/post da undici anni a questa parte.
"Live At Arctangent", frutto di quell’evento e immortalato anche su YouTube, è denso e conciso come lo è stata la carriera della band: poco più di un quarto d'ora di musica, tre tracce in tutto per toccare i tre pilastri discografici del trio formato da Matt Calvert (chitarra ed elettronica), Tom Rogerson (tastiere) e Adam Betts (batteria ed elettronica). Ecco dunque l’iniziale "6" a rappresentare gli Ep iniziali (provvidenzialmente raccolti nel 2012 nel fondamentale "Numbers: 1-13"), "Reset" per il primo album "Route One Or Die" (2012), "Kraken" per il lavoro più ambizioso e immaginifico, l'iperelettronico "Silent Earthling" (2016).

Il periodo di maggiore attività della formazione, a cavallo tra anni Zero e anni Dieci, ha purtroppo coinciso con la sostanziale perdita di interesse per le evoluzioni del math-rock da parte dell’informazione musicale di area indipendente e alternativa. Paradossalmente, alla ventata di attenzione suscitata dalle gigionate electro-math dei Battles è seguita, anziché una rinnovata curiosità verso le nuove strade aperte contemporaneamente da altri artisti, un’implicita assunzione che il nuovo corso intrapreso dai componenti dei Don Caballero (band-simbolo con cui molti hanno identificato il filone math-rock) coincidesse di fatto con la parola fine per l’intero genere.
Come conseguenza, ben pochi fuori dalla community di appassionati del settore (peraltro in grande crescita proprio in quel periodo grazie all’esplodere dei social network) si sono accorti delle sue molteplici diramazioni ed evoluzioni – e meno ancora forse hanno notato il ruolo pioneristico dei Three Trapped Tigers nel fare da ponte fra queste trasformazioni e ambiti esterni al math-rock: nu jazz, post-Idm e post-dubstep, synthwave, perfino classica contemporanea.

Trascorso ormai quasi un decennio dall’ultima uscita discografica del terzetto, il breve e conclusivo live Ep appena pubblicato aiuta a riguardarne in prospettiva il percorso e a fissare qualche punto fermo. Sebbene nella dimensione dal vivo le distanze fra le diverse fasi della band tendano a sfumare, i ritmi frastagliati di “6” ben rappresentano l’elemento di novità portata dai primi Ep: i tratti taglienti e l’ossessione per le strutture del math classico incontravano dinamiche quiet/loud e due aspetti chiave dell’Idm britannica: da un lato, l’estrema segmentazione e variabilità ritmica (molto più “spaccacervello” degli usuali schemi math dispari sì, ma spesso granitici, derivati dal post-hardcore); dall’altro, un’inedita centralità della componente melodica. Grazie a temi trascinanti e d’impatto, come nei passaggi più memorabili di Aphex Twin e Squarepusher, la complessità musicale non risultava mai gratuita, e diventava invece uno strumento di fuga dalla quotidianità verso atmosfere sognanti, narrative, spesso fantascientifiche.
Quasi raccogliendo le intuizioni dei connazionali 65daysofstatic, i Three Trapped Tigers hanno integrato pienamente le possibilità dell’elettronica in campo math, mettendola al centro sia della costruzione ritmica, sia dello spettro timbrico dei pezzi. I sei minuti e rotti di “Reset”, con il suo piglio ipercinetico e sfacciatamente prog, sono emblematici del livello di integrazione raggiunto dalle parti di “Route One Or Die”: uno sposalizio che sarà direttamente ripreso prima dagli Strobes di Matt Calvert, Dan Nicholls e Joshua Blackmore e poi, in uno stravolgimento jazz-fusion dalla dirompente originalità, nel già citato "Æ" (sempre con Calvert di mezzo).

I synth di “Kraken”, massicci, sgranati ma luminosi, sono un invito a riscoprire “Silent Earthling”, traguardo più avanzato dell’immaginazione della band. Nell’album come nel pezzo, puzzle ritmici e cattedrali digitali si compenetrano e tracciano paesaggi virtuali dotati della stessa fantasmatica concretezza che hanno le ambientazioni di un videogame immersivo: intangibili, lontane dall’esperienza diretta, perché situate su un piano differente dell’esistenza, ci sorprendono comunque per l’immediatezza con cui diventano parte delle nostre mappe mentali, evocando sensazioni realissime e svelandosi più familiari di tanti luoghi impersonali visitati ogni giorno.
Tre brani non bastano a mappare per intero un percorso i cui risvolti si snodano come un dedalo, ma come chiavi di un messaggio in codice, offrono all’ascoltatore un filo d’Arianna per orientarsi nelle pieghe intricate di un’eredità sonora da riscoprire.

26/11/2024

Tracklist

  1. 6
  2. Kraken
  3. Reset

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