Vasco Brondi

Un segno di vita

2024 (Carosello)
songwriter

L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
(Italo Calvino – “La città invisibile”)

Vasco Brondi ha archiviato definitivamente la fase artistica che con lo pseudonimo Le luci della centrale elettrica ha rappresentato un percorso decisivo per se stesso e per tutto l’attuale movimento del cantautorato italiano, che grazie a figure come la sua, quella di Brunori SAS, di Dente e qualche anno dopo di Niccolò Contessa (la lista è più corposa) ha innescato un’importante transizione di settore.
“Un segno di vita” è il secondo lavoro che il cantautore veronese di nascita, ma cresciuto a Ferrara, firma direttamente con nome e cognome, a distanza di tre anni dal predecessore “Paesaggio dopo la battaglia”. La citazione letteraria d’esordio non è aggiunta a caso. Oltre a essere un ragguardevole richiamo a uno dei più importanti narratori italiani del secondo Novecento, quel passaggio d’apertura è la migliore delle sintesi in grado di qualificare lo sforzo compiuto da Brondi nelle dieci tracce che compongono il nuovo album. Le liriche esposte sono sviluppate con dovizia, sia nella metrica, sia nei concetti sviscerati, un marchio di fabbrica che, da sempre, ha contraddistinto la sua indole artistica.

A differenza di quanto accaduto in passato, soprattutto nelle fasi d’esordio, il messaggio ora veicolato da Brondi è incentrato su una maggiore consapevolezza personale, una consolidata saggezza e, riconvocando lo scrupoloso incipit calviniano, rivolto a declamare gli aspetti di un presente intricato dal quale, tuttavia, è sempre possibile scovare qualche barlume di speranza, un appiglio su cui costruire un futuro più roseo. La title track, infatti, non indugia nell’invocare i primi germogli che crescono a Hiroshima dopo la bomba atomica, i fiori che spuntano tra le rigide condizioni imposte dal deserto, la pioggia che fa sparire le strade o la brulla pianura che prima o poi tornerà a essere un folto bosco.

Pur conservando il riconoscibile approccio melodico, quello che traspare tra le righe è un Vasco Brondi che si discosta dalla rabbia e dalla descrizione dei malesseri esistenziali sciorinati a inizio carriera, per trasferire la sua accurata analisi verso scenari più ampi della società che lo circonda.
Dal punto di vista musicale, si registra, invece, un ritorno verso schemi più diretti, scevri delle intrusioni sonore che in precedenza sembravano aggredire con troppo impeto i pensieri esposti, talvolta relegandoli in retrovie non del tutto consone. In questo, l’apporto alla composizione musicale e alla produzione di musicisti del calibro di Federico Dragogna, Federico Nardelli, Matteo Cantaluppi, Angelo Trabace e Taketo Gohara è risultato assolutamente decisivo.

Nel brano “Fuoco dentro” si evidenzia l’ardente featuring di Nada, su un testo che esprime quanto le energie e le aspettative che ogni individuo conserva nel proprio inconscio siano raramente rintracciabili anche negli altri, ma l’enorme forza che le caratterizza può comunque illuminare e favorire il raggiungimento dei traguardi personali. Una riflessione che si presenta anche in “Illumina tutto”, brano scartato dall’ultima kermesse festivaliera, che assume i gradi di un credo recondito.
“Fuori città”, con qualche accenno hip-hop, richiama le difficoltà vissute dalle generazioni metropolitane più giovani, che si attorcigliano su cardini grigi e atonali, mentre l’ossimoro di “Notti luminose” è il luogo dove tutte le contraddizioni si scontrano in modo imperituro.
La fruibile e accorata intensità di “Incendio” appare un grido affrancatore lanciato verso un amico, un amore, un sentimento anche intangibile, mentre la cover de “La stagione buona” dei Non voglio che Clara è presentata con il corretto grado di profondità, interpretata con enfasi e con la giusta scala di suggestioni, pur non raggiungendo il livello emozionale prodotto dall’originale.

Nelle edizioni in vinile e cd è allegato un libro intitolato “Piccolo manuale di pop impopolare”, che raccoglie tutte le tappe, non solo operative, che hanno accompagnato la realizzazione dell’album: viaggi, concerti, incontri, considerazioni, un romanzo che racconta minuziosamente la costruzione del disco, una specie di diario di bordo dal quale fuoriescono tutti gli elementi che non potevano essere sintetizzati in una canzone, ma che hanno connotato gli episodi poi finiti in scaletta.
Dalle tematiche descritte, è evidente, non solo nei contenuti ma anche negli stessi titoli dei brani, quanto l’album richiami il concetto del fuoco, evocato proprio da Brondi nelle relazioni aggiunte a corollario e utilizzato per rappresentare la vita, le emozioni, ma anche i pericoli in agguato ogni giorno.
L’alchimia complessiva di questo suo nuovo lavoro appare sicuramente più centrata rispetto allo scorso full length e probabilmente anche alle ultimissime fasi percorse con l’alias originario. Tuttavia, è piuttosto lontano lo spessore e quel magnetico effetto dolente che affiorava scintillante dalle sue prime elaborazioni. “Un segno di vita” è un disco apprezzabile, agibile, diverso dai precedenti, ma che si snoda con eccessiva semplicità.
Il fuoco che brucia nell’anima di Vasco Brondi è ancora vivido e sta affrontando probabilmente la classica tappa di trasferimento, giunta dopo un duro cammino, pieno di curve e ostacoli dominati con alterne fortune.

28/03/2024

Tracklist

  1. Illumina tutto
  2. Un segno di vita
  3. Meccanismi
  4. Fuoco dentro featuring Nada
  5. Incendio
  6. Fuori città
  7. Vista mare
  8. Notti luminose
  9. Va' dove ti esplode il cuore
  10. La Stagione buona


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