Wand

Vertigo

2024 (Drag City)
psych-rock, alt-rock

Prima o poi Cory Hanson doveva decidere cosa fare della sua creatura a nome Wand. Dopo le graffianti sonorità garage-rock di "Golem" e "1000 Days" e la parziale svolta di "Plumb" verso archetipi sonori più affini ai Radiohead, le interessanti e avventurose pagine da solista sembravano stridere con la produzione della band. Con il penultimo disco "Laughin' Matter", il gruppo ha trasformato un sound potenzialmente letargico in una tavolozza di sfumature di colore dalle quali estrapolare nuovi prototipi psych-rock dalle colte sembianze art-pop.

Chiuso il cerchio con un album live, i Wand ripartono con un'opera decisamente ambiziosa. Cinquanta ore di pura improvvisazione sono la materia prima di "Vertigo", una musicalità dai risvolti imprevedibili messa a fuoco e fiamme dalla band, con la voce di Cory Hanson e il lavoro di post-produzione e rimodellamento del polistrumentista Evan Baker che aggiungono ulteriore caos e inquietudine, alterandone ulteriormente i confini creativi. Queste otto composizioni sono spesso affini alle visionarie scenografie dei Mercury Rev e non di rado sembrano bussare alla porta degli ultimi album dei Talk Talk ("Lifeboat").

La band di Los Angeles si avventura in dinamiche sonore che confondono spesso le acque, ed è senz'altro difficile immaginare quale sia il potenziale pubblico di riferimento di un disco come "Vertigo", anche se i taglienti sette minuti di "High Time" sono pura adrenalina ed è impossibile restarne immuni: le alchimie psych-rock sono alterate da flussi di feedback ed epiche sonorità d'archi, che definire apocalittiche è quasi benevolo.
Le ondeggianti trame melodiche del singolo "Smile", ben sei minuti e mezzo di estasi country-blues-psych degni di Neil Young era "Rust Never Sleeps", sono a tal punto eccitanti da confondere ulteriormente le idee: Hawkwind, Bardo PondRadiohead vengono citati senza pudore, con un pizzico di distorsione chitarristica che ben calibra l'anima pop del brano.
Nel continuo passaggio dall'euforia e dal caos della pinkfloydiana "Hangman" al misticismo quasi romantico di "Seaweed Head", i Wand entrano in punta di piedi nell'immaginario progressive con l'aulica "JJ", sempre più decisi nell'abbandonare quella comfort-zone che album come "Plumb" sembravano volessero capitalizzare.
Chi ha amato gli esordi della band forse troverà indigeste o complesse le nuove alchimie. Che Cory Hanson ed Evan Burrows siano gli unici sopravvissuti della formazione originale non è altresì argomento che possa stemperare alcune osservazioni critiche. Una prima risposta a questi interrogativi è infine racchiusa nella più semplice delle otto composizioni di "Vertigo", ovvero "Curtain Call", un brano i cui accenni psych-rock si dissolvono in una languida melodia per archi e residui di feedback chitarristici che emulano synth e fiati.

In questi momenti di relax, si coglie la perfetta sintonia tra i quattro elementi della formazione americana. La musica dei Wand non è mai stata così coesa e densa, mentre il suono delle chitarre offre armonie, ritmi, digressioni e furore creativo con egual potenza, ampliando ulteriormente i riverberi emotivi di uno stile che spesso disorienta. Che nulla sia scontato nell'ultimo progetto della band di L.A. è ulteriormente rimarcato dalla sfarzosa "Mistletoe": un alieno mix di funk, psichedelia, folk e pop dal vertiginoso crescendo di accordi maggiori, che trovano conforto in ariose aperture melodiche, stranamente vicine agli It's Immaterial. Ma non è l'unica pagina dell'album che trova sponda in area prog-pop, confermando la volontà dei Wand di non restare ancorati a una formula precisa.
"Vertigo" è un disco che non tradisce le aspettative e come un vortice attira e seduce l'ascoltatore con intelligenza e imprudenza, qualità non comuni a molta produzione contemporanea.

08/08/2024

Tracklist

  1. Hangman
  2. Curtain Call
  3. Mistletoe
  4. JJ
  5. Smile
  6. Lifeboat
  7. High Time
  8. Seaweed Head




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