White Denim

12

2024 (Bella Union)
indie-rock, pop-psych

Inafferrabile e sempre pronto a tuffarsi in nuove esperienze musicali, James Petralli si cala nei panni di autore pop per un’altra metamorfosi del marchio White Denim, del quale è ormai quasi unico depositario.
Con un’attitudine che potremmo definire senza timori punk, nell’arco di oltre quindici anni, i White Denim hanno assorbito e rigurgitato southern-rock, soul, funky, jazz, dub, garage-rock e pop inglese anni 80, con un’abile operazione di fusion pop/psych che non comprende limiti, al punto che i riferimenti critici sono sempre stati molteplici, pur restando la band fedele a uno stile che è un vero marchio di fabbrica.

Il recente ruolo di one-man-band ben si addice a James Petralli, che per “12” ha coinvolto vari musicisti sparsi nel globo, senza rinunciare alla collaborazione degli altri componenti della band, una scelta che lo ha aiutato a superare l’isolamento causato dalle restrizioni post-Covid. 
Salutato istantaneamente dalla critica d’oltreoceano come un concentrato di creatività e geniali innovazioni pop, “12” è in parte questo, ma è anche un patchwork non del tutto composito. La natura estroversa delle dodici tracce è contagiosa, ma la sensazione è quella di un disco frammentato in tanti deliziosi bignami pop, non del tutto solido nel suo insieme. A questo fanno da contraltare sonorità agrodolci e un gustoso sound radiofonico anni 70 che piacerà sia ai fan dei Lemon Twigs che ai cultori di Ariel Pink, e che regala al progetto un insolito fascino.

La leggiadria naif del brioso pop-rock in stile Grateful Dead del primo brano dell’album, “Light On“, è un succoso biglietto da visita per un disco godibile e intelligentemente multiforme, ma per molti “12” suonerà come un compromesso. L’aver sacrificato l’irriverenza degli esordi, nonché le attitudini jazz/dance-oriented senz’altro disorienterà i fan di lunga data, nello stesso tempo apre le porte a potenziali nuovi adepti del piacevole mix easy-soul-psych di “12”.
Il trittico più succoso dell’album è posto al centro della scaletta: dopo il poco felice strumentale “Cat City#2”, le coordinate funky e soul (frutto della recente collaborazione con Raze Regal) consentono a Petralli di destreggiarsi tra leggerezze psych-funky alla Prince (“Look Good”), tra gustose variabili in stile Jamiroquai/Stevie Wonder (“Second dimension”), e digressioni neo-psichedeliche che rimandano a Shawn Lee e Todd Rundgren (“Swinging Door”).

Con un pizzico d’autoindulgenza in meno (“Econolining”, “Flash Bare Ass”), qualche passo falso in meno (“We Can Move Along”) e un più cospicuo numero di brani killer (“Hand Out Giving”), l’ultimo album dei White Denim poteva ambire al titolo di miglior album dell’ultimo mese del 2024, ma per quanto espansivo e fresco, e al di là delle ispirazioni citate a ruota libera da Petralli – Scritti Politti, Nick Lowe, Lee "Scratch" Perry, Jonathan Richman, Doug Sahm, Joe Jackson e Dennis Bovell – la natura di “12” resta quella di un ibrido ben riuscito, un progetto finalmente esente dalle derive grottesche del passato, ma ancora lontano dalla tanto ventilata maturità.

16/01/2025

Tracklist

  1. Light On
  2. Econolining
  3. Flash Bare Ass
  4. Cat City #2
  5. Look Good
  6. Second Dimension
  7. I Still Exist
  8. Your Future As God
  9. Swinging Door
  10. We Can Move Along
  11. Hand Out Giving
  12. Precious Child




White Denim sul web