Nel 1959, con questa frase prendeva il via “Ai confini della realtà”, serie televisiva incentrata su racconti di fantascienza creata da Rod Serling, dove si avvicendarono come sceneggiatori illustri scrittori come Ray Bradbury e Richard Matheson, un viaggio nell’ignoto che mi è prepotentemente tornato alla mente ascoltando il recente album di Baldruin.
Johannes Schebler è il musicista tedesco che dietro le enigmatiche sembianze di Baldruin dispensa originali composizioni, dove elettronica, folk, reminescenze
progressive, world-music e un romanticismo elegantemente poetico si fondono per un’improbabile e indefinita colonna sonora immaginaria di un mondo alieno, inesplorato.
“Mosaike Der Imagination” è non solo l’ultimo di una serie di album
electro-acustic-ambient dell’artista tedesco, ma anche uno dei suoi più riusciti e godibili mosaici sonori, eccentrico e imperscrutabile, ma anche intenso e solido come un improbabile sinfonia composta da frammenti e ritagli sonori. I diciassette capitoli dell’album sono altrettante finestre su un panorama musicale ampio e storicamente radicato nella tradizione dark-folk e sperimentale, affascinanti tasselli di un’opera dalle molteplici sfumature.
Atipiche sonorità d’archi mutate da timbriche metalliche ed elettroniche (“Gemeinsam Hindurch”); sitar che sposano synth e oboe in un carosello di suoni che creano un ponte tra Oriente e Occidente con eleganti barocchismi (“Innerlich Außerhalb”); tastiere vintage e
naif che duettano con strumenti acustici e neoclassici per un ricco madrigale barocco (“Stimme Des Wegelagerers”): sono queste alcune delle squisite intuizioni strumentali di un disco non facile da classificare.
Non è semplice descrivere il gioco di specchi creato dal vibrafono in “Fantasiegebilde” o l’ossessivo ticchettio dei tasti della macchina da scrivere che detta i tempi di “Der Verwunschene Hain”; il titolo dell’album in parte aiuta, ma “Mosaike Der Imagination” è ricco di imprevisti narrativi: cori simil-polifonici (“Mit Verbundenen Augen”), danze tribali e multietniche (“Purpur-Trank ”), mantra psichedelici e cosmici (“Hinein, Hinaus, Hinüber”).
La musica di Baldruin non è il capriccio di un musicista stravagante, ma un colto campionario di quella scena
underground tedesca dove elettronica e folk viaggiano nella stessa direzione: sfido chiunque a trovare nelle diciassette brevi composizioni reiterazioni o speculazioni sonore. “Mosaike Der Imagination” non è un album di potenziali colonne sonore per un film immaginario (“Im Sternstrom”, “Blick Nach Drüben”), è esso stesso il film, il racconto di un luogo dove tutto è possibile, una dimensione inesplorata che libera la fantasia e ripristina la magia della musica sperimentale europea.