Edith Frost - In Space

2025 (Drag City)
alt-folk, slowcore

Confesso che in un primo momento, quando è stato annunciato un nuovo disco di Edith Frost, avevo pensato a un'omonimia. Leggendo il nome della casa discografica (Drag City), il dubbio è scomparso, trattandosi della stessa etichetta che aveva accompagnato l’esordio del 1997 delle cantautrice texana “Calling Over Time” e che ne aveva seguito le sorti fino al 2005, anno di pubblicazione di “It’s A Game”, ultimo parto prima di questo nuovo progetto, “In Space”, che interrompe vent’anni di silenzio.

Chiunque sia rimasto folgorato da quella prima splendida raccolta di ballate slowcore di ventotto anni fa, cesellate con l’aiuto di tre musicisti di elevato spessore - David Grubbs, Sean O’Hagan, Jim O’Rourke – non ha dimenticato il fascino vellutato e terrificante di “Calling Over Time”.
Con l’aiuto di Mark Greenberg e del fedele Rian Murphy, l’artista americana ridà voce a quelle perplessità emotive e sociali espresse nelle sue precedenti opere discografiche, oltreché nel feroce attacco a Elon Musk, messo in atto con un falso profilo su Twitter (denominato spavaldamente Elon Musk), prontamente interdetto.
Il passare del tempo non ha scalfito l’intensità della scrittura: la musica di Edith Frost si è solo tinta leggermente di blues, cosmic-folk e arrangiamenti più maturi, grazie anche alla presenza più marcata dell’organo, strumento che l’autrice ha studiato negli ultimi anni con discreti risultati.

Il ritorno in Texas dopo un lungo periodo trascorso a Chicago (il disco è stato comunque registrato nel famoso The Loft dei Wilco) sottolinea la volontà dell’autrice di riappropriarsi di un’essenzialità che va di pari passo con l’ispirazione.
Le consolidate matrici folk sono ora avvolte da una psichedelia malsana e agreste: seppure strettamente collegato con il passato, il nuovo disco ”In Space” rimodella la poetica di Edith Frost, a partire dalla prima traccia “Another Year”, uno scheletrico goth-folk nutrito da riverberi di tastiere e piano, un brano che non sfigurerebbe in un album dei This Mortal Coil.
L’atmosfera resta straniante, sia quando l'americana entra in ambiti più pop-rock con la flessibile e complessa “Nothing Comes Around”, che rimanda a certe cose di Aimee Mann, sia quando entra in meandri più oscuri, con la solenne e sgangherata marcia dark-folk di “Time To Bloom”.

La cantautrice texana ostenta una solidità e un'originalità di scrittura che mancano a molte voci femminili contemporanee. La schiettezza della tenue folk-song “What A Drag”, il deciso piglio country-pop con echi morriconiani di “Hold On” e il blues stradaiolo di “Can’t Sleep” sono melodicamente irreprensibili e non ricorrono ad abbellimenti o esuberanze sperimentali.
Anche questa volta la band a supporto include nomi importanti come l’ex-Califone Jim Becker, Sima Cunningham (ex-OHMME), Jeff Ragsdale e Bill MacKay, abili artigiani di un sound che sembra scolpito nella sabbia, oltremodo perfetti nel rifinire le sfumature psichedeliche della title track, un’intensa e suggestiva ballata che evoca nello stesso tempo i Rain Parade e i Mazzy Star, grazie a un magico e malsano intreccio di organo e banjo che toglie il fiato.

Le eleganti incursioni nel jazz di “Back Again”, la ballata psych-folk vagamente pinkfloydiana di “Something About The War” e il fascino d’antan di “Little Sign” completano un disco che svela nuove sfumature a ogni ascolto. Una lezione di coerenza e creatività che trova un meritato rilievo negli affollati bollettini delle pubblicazioni odierne.

24/03/2025

Tracklist

  1. Another Year
  2. Nothing Comes Around
  3. What A Drag
  4. Hold On
  5. Can't Sleep
  6. Back Again
  7. In Space
  8. Little Sign
  9. Something About The War
  10. The Bastards
  11. Time To Bloom
  12. I Still Love You


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