Novaffair - Cromìa

I titoli a volte riescono ancora a restituire un biglietto da visita. Non tanto per l'aspetto metaforico, ma per l'umore che si respira mediamente tra le canzoni. Certo, per associare l'etimologia greca ai fraseggi sparsi dei napoletani Novaffair, al debutto in formato Lp con "Cromìa", servirebbe a prescindere parecchia fantasia. Tuttavia, si può facilmente dedurre che Livio Arenella (voce e chitarra), Pierluigi Patitucci (basso e cori), Marco Penza (chitarra e cori) e Mariano Penza (batteria) abbiano dalla loro una tavolozza di colori vivi(di). L'intento dichiarato, dopotutto, è quello di musicare con cascate di indie-rock degli ultimi vent'anni, in modalità sparsa, varie fasi della vita, seguendo appunto dei corrispettivi cromatici.

Queens Of The Stone Age, Arctic Monkeys, Fontaines Dc, Afterhours e Verdena sono le band di riferimento di un disco che pare uscito dagli anni 90 dopo aver viaggiato nel futuro e annusato ciò che si respira a Londra e dintorni.
In alcuni momenti, tipo "A peso morto", è abbastanza plateale il richiamo agli Arctic di "AM", e chiunque capirebbe la canzone "presa in prestito", quantomeno in attacco e a metà strada. Un omaggio a tutto spiano? Ma sì.
Se i nomi citati sono quindi spettri e altrove lucciole, in passaggi come "Out Of The Blue" emerge bene un misticismo post-rock alquanto personale che muta a dovere in assalto frontale.
Londra è ovviamente celebrata nell'omonima traccia, in una ballata vagamente noise, confezionata con cura. I danni inflitti dagli anni, come se il passato fosse solo un assassino, muovono poi le istanze di "Iena". Mentre Turner riaffiora a galla per accasarsi sulla riva nel passo lento di "Non importa più", l'altra ballad del lotto.

I Novaffair, al netto di qualche passaggio annusato fin troppo di già, fanno le cose per bene, parafrasando il vecchio spot di un latticino. Insomma, cola un po' di latte e in fondo va bene così.

13/05/2025